Dopo il faro acceso dalla Commissione parlamentare Antimafia – che deve ancora calendarizzare l’audizione dell’editore del Domani Carlo De Benedetti – restano molti interrogativi senza risposta sul caso dei presunti dossieraggi su cui indaga la Procura di Perugia. Ieri la Verità ha riportato delle dichiarazioni attribuite al finanziere Pasquale Striano, l’uomo al centro dell’inchiesta dei pm perugini guidati da Raffaele Cantone, che vanno a caccia di possibili mandanti.
Il luogotenente è accusato di accesso abusivo al sistema informativo e rivelazione di segreto. Cioè di avere consultato in modo illegittimo i dati e le informazioni di centinaia di persone, tra cui politici, per la maggior parte di centrodestra, e personaggi famosi, e di aver scaricato oltre 30mila file dalle banche dati della Dna. E di averlo fatto, in molti casi, al di fuori dei limiti e dei compiti affidati alla Superprocura. «Numeri mostruosi» aveva detto Cantone in audizione in commissione Antimafia, riferendosi agli accessi alle banche dati da parte di Striano quando era in servizio alla Dna. «Fatti di estrema gravità» li aveva anche definiti il procuratore nazionale Giovanni Melillo.
Striano, secondo quanto riporta la Verità, sosterrebbe invece di essere stato «attaccato in una maniera spudorata, anche violando tutte le regole della privacy, persino da parte della Procura di Perugia che, posso assicurare, ha fatto molte cavolate». Il tenente finora non aveva risposto ai magistrati che volevano interrogarlo. Adesso, almeno nelle frasi attribuitegli dal quotidiano, promette che chiarirà tutto. Anzi, contrattacca: «Non hanno capito nulla dei numeri che hanno dato. Io di segnalazioni di operazioni sospette non ne ho visionate 4mila, ne ho visionate 40mila. Era il mio lavoro. Lo ammetto, anche con metodi non sempre ortodossi. Ma non mi devono far passare per quello che non sono». Parla di metodi «non ortodossi» e ricorda che molte ricerche gli sarebbero state chieste. Sui cosiddetti dossier pre investigativi che poi dovevano sfociare in atti di impulso alle indagini di varie Procure, precisa: «Ci sono tante cose che mi sono state chieste espressamente. Io spiegherò quale fosse il mio metodo. Io sono a posto con la mia coscienza, poi che sia stato fatto tutto un po’ alla carlona, sono il primo a dirlo. Ma l’ho ammesso pure con Melillo. Il mio obiettivo era quello di arrivare a degli atti d’impulso, che fossero fatti bene».
Quanto al registro elettronico con tutti gli accessi effettuati e che, a quanto era trapelato, sembrava aver consegnato lui stesso alla Procura di Roma – la prima a far partire le indagini – precisa: «Io non ho consegnato proprio nulla».
L’altro indagato in servizio alla Dna, il sostituto procuratore Antonio Laudati, a cui vengono contestati tre dossier pre investigativi – che non riguardano politici e personaggi famosi – in concorso con Striano, domani si presenterà all’interrogatorio fissato a Perugia. Laudati è convinto di potersi difendere e di poter «dimostrare in ogni sede che quelle indagini sono state regolari» e che sono state svolte solo «nell’interesse dell’ufficio».
Ieri anche Matteo Salvini è tornato sul caso: «Il centrodestra è unito e governerà fino a fine legislatura: lo dico a qualche spione in servizio permanente, a qualche luogotenente della finanza o a qualche pm, questo governo va avanti. Spiate quello che volete».