Così la mafia albanese in Italia inondava di cocaina le piste da sci con donne e neonati

Così la mafia albanese in Italia inondava di cocaina le piste da sci con donne e neonati

Fin dalle prime ore dell’alba di oggi, giovedì 14 marzo, la polizia di Stato è stata impegnata in una massiccia operazione finalizzata a contrastare l’attività criminale di un gruppo che si occupava di rifornire di cocaina il territorio della Valtellina.

Il blitz

A seguito del maxi blitz, tra Livigno, Torino, Rimini e la Francia, sono state eseguite dalle forze dell’ordine 12 misure cautelari, di cui 6 in carcere, 5 arresti domiciliari e un obbligo di dimora a carico di individui di nazionalità albanese, italiana e dominicana. Gli indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili del trasporto e dello smercio di ingenti quantità di stupefacente nel territorio di Livigno, dove la droga veniva spacciata anche sulle piste da sci: ecco perché l’operazione della polizia è stata ribattezzata “Après Ski”.

Stando ai risultati delle indagini condotte dalla procura della Repubblica di Sondrio, che andavano avanti da quasi un anno, le 12 persone fermate erano in collegamento, tramite un latitante ricercato per omicidio, con esponenti di spicco della potente mafia albanese di Scutari, particolarmente interessata alle potenzialità di Livigno, vista la grande presenza di turisti richiamati dalle attrazioni sciistiche del territorio.

Lo spaccio

Il gruppo criminale operava nella zona coinvolgendo, per destare meno sospetti, anche le mogli degli indagati, una delle quali è stata ristretta agli arresti domiciliari. Le donne spacciavano la cocaina, che veniva chiamata “bresaola” al telefono, anche in presenza dei loro figli, in genere minorenni o addirittura in qualche caso neonati. I responsabili erano talmente sicuri del fatto loro da non preoccuparsi neppure di mantenere un basso profilo sui social network, su cui caricavano foto e video mostrando armi d’assalto e ingenti quantità di denaro contante derivante proprio dall’attività di smercio della cocaina.

Le indagini

Gli inquirenti hanno dato avvio all’operazione nell’aprile del 2023, prendendo di mira lo spaccio di droga nel territorio di Livigno: una fiorente attività gestita da famiglie albanesi apparentemente insospettabili ma in realtà legate alla mafia di Scutari attraverso un latitante affiliato del potente clan risultato ricercato per omicidio.

I membri di queste famiglie albanesi, così come gli spacciatori locali e stranieri di cui si servivano, risultavano perfettamente inseriti nel tessuto sociale ed economico di Livigno, dal momento che svolgevano professioni dignitose e spesso ben retribiuite. Proprio per questo motivo l’attività di indagine svolta dagli inquirenti si è rivelata complessa oltre che lunga, tra pedinamenti e intercettazioni telematiche, ambientali e telefoniche

Come detto, il perno attorno al quale ruotava l’attività di spaccio di cocaina era un latitante albanese di 26 anni affiliato al potente clan mafioso di Scutari, in grado di far giungere a Livigno droga da varie zone in cui era già profondamente radicato, tra cui la Brianza, Torino e Bruxelles. I viaggi della cocaina verso Livigno, quindi, vedevano il coinvolgimento di soggetti albanesi che usavano come copertura delle finte utenze straniere spagnole, francesi, olandesi ed albanesi.

I criminali si muovevano seguendo degli schemi consolidati, limitando al massimo le comunicazioni e utilizzando linguaggi in codice, anche dal vivo: cosa che ha reso le indagini ancora più complicate. Anche le fasi di rifornimento e consegna dello stupefacente avvenivano con un’attenzione maniacale, così come la protezione e la tutela del latitante albanese. Una volta giunta in Valtellina, la cocaina era affidata a un 40enne albanese, il quale si occupava poi di trasportarlo fino a Livigno, dove risiedeva: la droga veniva quindi pesata, divisa in dosi e affidata ai vari spacciatori affiliati.

La prima svolta

L’operazione del 3 dicembre 2023 è stata una prima svolta nelle indagini. Allora furono colti in flagranza di reato due soggetti albanesi, incaricati di trasportare 1 chilo di cocaina destinata ad alimentare il mercato di Livigno e dell’Alta Valle. Gli inquirenti scoprirono che la droga era stata acquistata in un quartiere della periferia di Torino da un individuo legato a un clan albanese avente la sua base proprio nel capoluogo piemontese. Destinata alla Valtellina, la droga avrebbe fruttato nello smercio al dettaglio una cifra compresa tra 80mila e 100mila euro.

Accanto a questo filone di indagini se ne aprì allora un altro riguardante l’approvvigionamento e lo spaccio di hashish: in questo caso i canali di distribuzione erano diversi rispetto a quelli già monitorati, e i fornitori erano localizzati nella zona della Bassa Valle e del lago. Emerse allora la figura importante di un marocchino 24enne, così come una nuova e insondata modalità di spaccio, che avveniva in modo dinamico e con l’utilizzo di auto di grossa cilindrata a noleggio per fuggire agevolmente dalle forze dell’ordine in caso di necessità.

Era spesso quindi il pusher, a bordo di tali vetture, a recarsi dai clienti, facendo perdere agli inquirenti i punti di riferimento dello spaccio tradizionale nel bosco e in punti fissi. A riscontro di questa intensa attività di smercio di droga documentata dagli inquirenti in ambo i filoni di indagine, sono stati effettuati 8 fermi in flagranza di reato e quindi sequestrati 1823 grammi di cocaina, 190 di eroina e 1610 di hashish.

Il blitz, a cui hanno preso parte 70 agenti della polizia di Stato, è scattato contemporaneamente in Valtellina, nei comuni di Livigno e Sondalo, a Torino e Rimini, “con la collaborazione delle Squadre Mobili di Torino e Rimini, del Settore di Polizia di Frontiera di Tirano, della Polizia Locale di Livigno e con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato”. Stando a quanto riferito dalle autorità, le operazioni di fermo dell’ultimo indagato sono tuttora in corso in Francia.

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