Tentazione Tim per Iliad. Ma serve l’ok del governo

L'imprenditore francese e fondatore del gruppo Iliad, Xavier Niel.

Il futuro di Tim potrebbe continuare a parlare francese. L’azienda, che ha da poco avviato la cessione della rete fissa al fondo Kkr, si trova in una situazione delicata dopo il crollo in Borsa della settimana scorsa in cui è stato polverizzato oltre un quarto del valore. Non sono ancora chiare le dinamiche che hanno portato al giovedì nero, nonostante i sospetti sul socio di maggioranza Vivendi, fortemente contrario alla vendita di Netco a Kkr. La Consob sta indagando sulle cause della caduta del titolo (ieri ancora in calo dello 0,4%), anche se in Tim è in corso un ragionamento su cosa possa non avere funzionato nella comunicazione del piano industriale «Liberi di correre» da cui è emerso un debito post-rete più elevato delle aspettative.

In un momento di tale vulnerabilità, a fianco dell’ex monopolista telefonico potrebbe intervenire Iliad, approfittando del prezzo superscontato del titolo: la capitalizzazione della società è ormai poco sopra 4,5 miliardi. La voce arriva dalla Francia, Paese di origine del gruppo fondato nel 1999 da Xavier Niel e approdato in Italia otto anni fa come conseguenza della fusione tra Wind e Tre. Il giornale economico La Tribune scrive che Iliad potrebbe proporsi a Tim per risolvere i guai del gruppo ed entrare nelle grazie del governo italiano in vista di futuri investimenti.

Un’operazione di tale impatto, infatti, sarebbe possibile solamente con l’assenso di Palazzo Chigi, che attraverso Cassa depositi e prestiti è anche il secondo azionista col 9,8%. Proprio ieri, a proposito delle difficoltà di Tim, la premier Giorgia Meloni l’ha definita «un dossier molto complesso», ma «ci stiamo lavorando». Un accordo con Iliad, per ora, resta solo una suggestione. Ma la strategia del gruppo transalpino prevede un’espansione nel mercato italiano. Lo testimonia il tentativo, fallito, di acquistare Vodafone Italia. A gennaio l’operatore britannico ha rifiutato un’offerta la seconda in due anni, dopo la prima proposta di acquisizione respinta nel 2022 per la costituzione di una joint venture con un entreprise value di oltre 10 miliardi in cambio di circa sei miliardi cash. La trattativa sembrava rispondere alle esigenze di entrambe le parti: da un lato Iliad, determinata ad allargare le proprie attività; dall’altra Vodafone, alla ricerca di una exit strategy che potrebbe presto concretizzarsi grazie all’interessamento di Swisscom che ha già messo sul piatto otto miliardi.

Mentre per Vodafone-Fastweb gli ostacoli in chiave antitrust europeo sono minimi, un’eventuale operazione Tim-Iliad presenterebbe più nodi a causa delle quote di mercato dei due soggetti. L’Antitrust Ue, in passato, non è mai stata molto favorevole alle aggregazioni, ma sembra poter cambiare orientamento in vista dei grandi investimenti che saranno necessari nei prossimi anni tra digitalizzazione e 5G. Un esempio da osservare con molta attenzione è quello però dell’authority inglese che ha messo in pausa formalmente per esaminare tutti i dettagli dell’accordo la fusione tra Vodafone Uk e Three Uk, dalla quale nascerebbe la più grande compagnia telefonica del Regno Unito. Tutto da verificare se, ai vertici dell’Unione europea, il vento è pronto a cambiare nelle tlc.

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