Il papa pacifista affossa l’Ucraina e stupisce il mondo. Naturalmente non turba il fatto che un pontefice tifi per la pace, ma il fatto che questa nel caso di Kiev faccia rima con resa. In un’intervista alla Radiotelevisione Svizzera Francesco tra chi chiede la resa e chi pensa che questa legittimerebbe l’aggressione crede «che sia più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali». E ancora: «Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?». Bergoglio ha anche in mente chi potrebbe mediare la pace, ehm, la resa dell’Ucraina: «La Turchia, si è offerta per questo. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore».
Parole scioccanti, che poi la sala stampa del Vaticano cerca di stemperare, precisando che «bandiera bianca non vuol dire resa», ma ormai il danno è fatto. Un colpo all’Europa, al mondo occidentale che vorrebbe combattere Vladimir Putin fino allo stremo. E dove sempre più spesso qualcuno evoca l’invio di militari Nato in Ucraina. L’ultimo era stato il presidente francese Emmanuel Macron un paio di settimane fa, e la sua idea era stata sbertucciata dalle cancellerie di mezzo mondo. Ieri sul tema è tornato alla carica il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa ucraina Alexei Danilov: «Non escludiamo assolutamente la comparsa di alcune unità militari di alcuni Paesi sul nostro territorio se prendono una decisione adeguata». Più che una previsione sembra un auspicio. E sentite il ministro degli Esteri polacco, Radek Sikorski: «La presenza delle truppe Nato in Ucraina non è impensabile».
L’incubo dell’escalation aleggia sempre sull’Ucraina. Un anno e mezzo fa, per dire, gli Stati Uniti erano convinti che i russi stessero per condurre un attacco nucleare. Lo rivela la Cnn, che ieri ha dato spazio a degli stralci del libro del suo corrispondente Jim Sciutto, «Il Ritorno delle Grandi Potenze», nel quale il giornalista rivela che alla fine del 2022 due funzionari dell’amministrazione Biden gli rivelarono che il Pentagono aveva preso rigorose misure in vista dell’uso di un’arma nucleare tattica da parte delle forze armate di Mosca che pareva imminente. Per tutta l’estate e l’autunno del 2022 il Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti aveva tenuto riunioni su riunioni per stabilire piani di emergenza per prepararsi all’Armageddon.
Ieri è stato il 745° giorno della guerra di Ucraina. Il triste bollettino registra quattro morti in bombardamenti nella regione di Kherson, nella regione di Dnipro e nella regione di Donetsk a Chasovoy Yar. Il primo vicerappresentante permanente della Russia all’Onu Dmitry Polyansky ha negato che Mosca intenda uccidere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Se qualcuno di voi spera in cuor suo di sbarazzarsi del leader del regime di Kiev in questo modo, allora posso deludervi: questo non fa parte dei nostri piani».
E con l’Ucraina sullo sfondo il premier ungherese Viktor Orbàn si è recato in Florida a trovare Donald Trump, candidato in pectore dei repbbulciani alle elezioni presidenziali Usa di novembre. Più che una visita un atto di sudditanza al limite del culto della personalità: «Il mondo sarebbe migliore se tornasse il presidente Donald Trump, che è un uomo di pace». Contento lui…