Cantone: “Un verminaio”. E Meloni: “Fuori i mandanti”

Tre partite incrociate agitano il governo. Vertice e contro-vertice sulle riforme

«Un verminaio». È un Raffaele Cantone durissimo quello che per tre ore snocciola numeri impressionanti («Sono 33.528 i file scaricati dal solo luogotenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano in quattro anni») davanti alla commissione Antimafia. Si parla dell’inchiesta della Procura di Perugia sul possibile dossieraggio contro politici, imprenditori e vip. Vicenda «molto brutta, semplice da spiegare – come dice in serata il premier Giorgia Meloni, ospite di Dritto e rovescio, su Rete 4 – alcuni funzionari dello Stato accedono a banche dati con dati sensibili, utilizzate per combattere la mafia, che servono per mandare dossier ai giornali, come a Di Benedetti, per lanciare campagne di fango su politici ritenuti avversari». «Metodi che si usano nei regimi – aggiunge – è una cosa gravissima, penso più ampi di quanto stiamo vedendo. Dobbiamo sapere per quali interessi sia fatto». «Si deve andare fino in fondo – conclude – serve di capire chi sono i mandanti, conoscerne nome e cognome». E «sorprende che qualcuno difenda quanto è accaduto trincerandosi dietro la libertà di stampa».

E chi aveva colpevolmente sottovalutato l’indagine, come mezzo Pd e la stessa Elly Schlein, prima a Palazzo San Macuto poi al Copasir ha ascoltato attonito la relazione del procuratore capo sulle indagini che coinvolgono anche tre giornalisti del Domani, alcuni sedicenti giornalisti praticanti spioni e il sottufficiale della Gdf che avrebbe confezionato diversi dossier «a richiesta» dei giornalisti con almeno 800 accessi abusivi accertati – anche se quelli di Striano sarebbero decine di migliaia – realizzati probabilmente all’insaputa del magistrato della Dna Antonio Laudati (anch’egli indagato). Cantone condivide «integralmente» i timori espressi dal Procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo.

«I numeri inquietano perché sono davvero mostruosi. La mole di dati raccolti abusivamente fa impallidire. Tutti questi atti scaricati dalla Procura nazionale antimafia che fine ha fatto? – è la domanda che si pone Cantone – E quanti di questi dati possono essere utili?». Sono finiti in mano di servizi segreti stranieri? «Sulle finalità eversive non ho elementi per intervenire, per ora non ci risulta». Ma ciò che appare certo è che Striano è solo uno delle comparse di un sistema di spionaggio e controspionaggio che attenta alla vita democratica del Paese. «Il mercato delle Segnalazioni di operazioni sospette non si è mai fermato, serve un controllo efficace e intelligente che monitori queste Sos, altrimenti si rischia di danneggiare le indagini».

Ma chi sono i mandanti di questo possibile dossieraggio? Un inquietante interrogativo che scuote anche la magistratura, tanto che Cantone si è offerto anche al Csm per riferire le sue valutazioni. «Valuterà se e quando sentire Melillo e me», sottolinea Cantone lasciando Palazzo San Macuto, non prima di sottolineare la necessità di un monitoraggio più efficace del controllo delle Sos. «Il tema è delicato – dice – ma bisogna intervenire con intelligenza, con un report ogni certo periodo di tempo, perché si rischia di creare un vulnus nelle indagini pesantissimo», anche per la possibile vulnerabilità di queste banche dati rispetto agli accessi abusivi ma anche rispetto a possibili cyber attacchi.

Inevitabili le domande sul filone «politico» delle indagini. Cantone ammette che Striano aveva preparato «un dossier sui finanziamenti della Lega» rimasto nei cassetti della Dna. «Perché non è stato trasmesso ad alcuna procura distrettuale?», si chiede il Carroccio, che ricorda la campagna diffamatoria contro il partito di Matteo Salvini e si dice pronto ad «andare fino in fondo». «Via la toga e la divisa ai servitori infedeli», tuona Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.

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