Sette gennaio 2021. L’Italia è nella morsa terribile del Covid, alla Regione Lombardia si prepara il ricambio che avverrà il giorno dopo: Letizia Moratti, un nome di peso, entra come assessore al welfare al posto del contestatissimo Giulio Gallera. Combinazione, proprio in quelle ore cruciali scatta una verifica sulle sue dichiarazioni dei redditi e sulla sua posizione fiscale. Un controllo abusivo, naturalmente, riconducibile alla manina di Pasquale Striano, il finanziere che a quanto pare si era trasformato in un professionista delle irruzioni illegali nelle banche dati più sensibili del nostro Paese.
Moratti è sotto i riflettori, Striano fruga ma evidentemente non trova nulla di anomalo e la controprova è che a corredo di quel blitz non succede più nulla e non escono articoli di giornale contro l’ex ministro dell’istruzione. Sono almeno ottocento gli ingressi illegittimi e l’elenco degli spiati è una lenzuolata di circa trecento nomi.
Grappoli di ministri, pezzi grossi del centrodestra, ma anche figure importanti delle opposizioni e poi, ordine sparso, artisti, calciatori, imprenditori e chi più ne ha più ne metta. Incursioni a orologeria. Come capita all’ex vicepresidente del Csm Michele Vietti: il 3 maggio 2021 il suo nome finisce sui giornali perché, secondo il racconto dell’avvocato Pietro Amara, lui avrebbe fatto parte della fantomatica loggia Ungheria. Con il solito tempismo, Striano entra nel sistema Siva e va alla caccia di qualcosa di roboante: un movimento bancario anomalo, una transazione, qualcosa di sospetto. Ma non trova nulla e il caso si sgonfia nel silenzio. La violazione però c’è stata, perchè certo Striano non si è dato da fare per via del suo ruolo alla Direzione nazionale antimafia.
Ora, in un colloquio con il Foglio, è Matteo Renzi ad aprire un altro possibile capitolo: il riferimento va al prestito da 700 mila euro che Renzi chiede a una conoscente nel giugno del 2018 e restituisce in poco più di quattro mesi. Il tutto in vista dell’acquisto della nuova casa del valore di 1,3 milioni di euro. Ma la notizia arriva alla stampa, mettendolo in difficoltà. Ora lui prova a collegare gli indizi e chiede di far luce: «Il metodo di accesso al database era lo stesso, i giornalisti pure, ho ragione di pensare che la fonte non fosse diversa».
Ora Renzi vuole sapere se fu Striano a bucare la sua privacy in quello che lui riconosce essere stato «un momento di mia debolezza». Renzi presentò una denuncia, ma l’atto finì nel nulla. Il contrario di quel che è successo al ministro della difesa Guido Crosetto: Striano aveva portato ai suoi amici giornalisti la notizia che Crosetto aveva svolto delle consulenze per società nel settore degli armamenti e i compensi potevano essere in conflitto d’interesse con l’incarico di ministro della difesa.
Crosetto aveva querelato ed è nata l’inchiesta che ora si è abbattuta su Striano e sul magistrato Antonio Laudati. Certo, Striano entrava e usciva dal sistema con disarmante senso di impunità. E accumulava dati su dati: dalle operazioni bancarie ai precedenti di polizia. Una vera e propria pesca a strascico, saltando da una banca dati all’altra senza che nessuno si prendesse una volta che fosse una la briga di controllare.