“Facciamo le quote rosa…”. Crepet asfalta così Viola sul patriarcato

“Facciamo le quote rosa…”. Crepet asfalta così Viola sul patriarcato

L’uccisione di Giulia Cecchettin è al centro dei salotti televisivi ormai da giorni. Da sinistra non si contano i tentativi di responsabilizzare Filippo Turetta, addossando le responsabilità sulla società e sul patriarcato, nel tentativo di convincere l’opinione pubblica di una impellente necessità di cambiamento nel paradigma sociale. Tutto questo mentre gli psichiatri e gli psicologi tentano di spiegare che alla base dei comportamenti dei giovani ci sia proprio il tentativo di destrutturare la società, di eliminare i modelli e di rompere l’equilibrio sociale. Una società formata da giovani incapaci di ricevere dei “no”, giustificati in ogni loro comportamento, crea adulti incapaci di affrontare e gestire le difficoltà. Ed è su questo piano che si è svolta la discussione tra lo psichiatra Paolo Crepet e la virologa Antonella Viola, ormai invitata nei salotti radical-chic televisivi a pontificare di qualsiasi argomento.

Io sono figlio di una generazione certamente patriarcale. Su questo patriarcato ho visto anche critiche, ma mia madre ha fondato un centro per aiutare le giovani donne 50 anni fa, quando a Padova era molto difficile fare questo“, ha spiegato Crepet, analizzando quella che è stata per secoli la società italiana. “È andata controcorrente, sono molto orgoglioso di essere figlio di una donna così forte. Certo, le regole dei maschi ci sono: so bene che nelle università sono quasi tutti maschi apicali. Ma ci sono anche dei cambiamenti: perché non dobbiamo vedere le cose che cambiano. C’è anche una rettrice…“, ha proseguito lo psichiatra. Nel suo discorso sembra sottintendersi la necessità di un cambiamento graduale e digeribile nella società, dove non si possono imporre determinate rivoluzioni senza correre il rischio di una rottura drammatica dei suoi paradigmi, con tutte le conseguenze.

Per Viola, però, non è abbastanza ma lo psichiatra insiste: “Non va bene neanche quella lì? Non sto dicendo che basta, ma dico che c’è un lavoro“. Tuttavia, la virologa che combatte il patriarcato non sembra soddisfatta e insiste sul fatto che il cambiamento sia troppo lento e a quel punto Crepet, evidentemente infastidito da quella che sembra una posizione ideologica, più che aperta a un dialogo costruttivo, replica: “Il lavoro culturale non deve assomigliare al potere. Altrimenti facciamo le quote rosa“.

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