Tematica vecchia quella della denatalità in un Paese dove il trend negativo va avanti da un decennio e non si riesce ad invertire, come invece stanno riuscendo a fare altrove, per esempio in Francia, con piani ad hoc. In Italia fare figli fa ancora paura. E non solo per l’incertezza economica. I giovani, quelli che non escludono del tutto di voler essere genitori, rimandano sempre di più la scelta perché temono di non essere capaci di barcamenarsi tra lavoro e famiglia, in assenza di adeguati strumenti a supporto della conciliazione, o di non sentirsi pronti ad affrontare le responsabilità.
Le cause emerse dalla ricerca «Per una Primavera demografica» realizzata dalla Fondazione Magna Carta sono molteplici e, partendo da queste, lo studio avanza una serie di proposte per invertire il trend negativo della nascite. «Si tratta di un tema sempre più centrale nelle agende di governo», dice Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione, che nelle scorse settimane ha presentato i risultati della ricerca alla ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, insieme ad un pacchetto di proposte in materia di welfare aziendale e politiche sulla natalità. Iniziative a sostegno della maternità che rendano piano piano l’Italia un Paese amico delle famiglie. Quale adesso non è, come dimostra l’indagine realizzata su un campione di 1.072 persone. Tanto che 7 under 35 su 10 ammettono la possibilità di rimandare o escludere del tutto la decisione di fare un figlio. Il 78% del campione teme le eccessive responsabilità, ma grande spazio (valore 8 in una scala da 1 a 10) viene dato anche alla «paura della gravidanza, del parto e del post». Tra i motivi per i quali non si vogliono avere figli spicca la difficoltà «a relazionarsi con gli altri». Da notare che il dato del 67% dei giovani intenzionati ad avere figli in futuro, cala con l’avanzare dell’età. «Un nodo che dobbiamo cercare di risolvere», osserva la senatrice e capoprogetto, Anna Maria Perente. La questione economica pesa e si vede dal numero dei figli che aumenta nelle coppie con redditi più alti. Ed è più sentita al sud di quanto non lo sia al nord, dove a frenare i giovani sono per lo più i convincimenti personali: il rifiuto della genitorialità qui è più che altro legato alle limitazioni di carriera e agli obiettivi personali. «Una volta si facevano i figli perché era segno di speranza, non si pensava a cosa sarebbe successo dopo. Ora il problema si pone e senza paracadute non ci si butta», osserva Carlo Blangiardo, già presidente Istat. Un ruolo potrebbe averlo l’incentivazione del welfare aziendale, a cui è dedicata parte dello studio. Tra le proposte sottoposte al governo, gli asili diffusi convenzionati, i voucher babysitter e per i centri estivi, l’estensione del congedo parentale retribuito all’80 per cento. «Vanno create le condizioni affinché la scelta di fare un figlio accresca il benessere», dice Blangiardo.