Tocca a Vannacci dopo Morisi e Belsito. La Lega: “Non gli paghiamo la campagna”

Tocca a Vannacci dopo Morisi e Belsito. La Lega: "Non gli paghiamo la campagna"

Le tempistiche sono quantomai sospette. E la sceneggiatura, guarda caso, non si discosta troppo da un copione già visto.

Con l’avvicinarsi delle elezioni, come è noto, in Italia capita che scattino roboanti inchieste giudiziarie riguardanti le forze politiche in campo o i loro esponenti di spicco. E capita pure che le suddette indagini vengano strumentalizzate per azzoppare la corsa dei candidati più promettenti. Di centrodestra, si intende.

Ne ha saputo qualcosa Silvio Berlusconi, la cui carriera politica fu puntellata da accuse e processi finiti poi in nulla. Qualcuno parla di azioni «a orologeria», perché a pensare male si fa peccato ma magari si indovina: lo ha fatto nelle scorse ore la Lega, reagendo alla notizia dell’indagine per peculato e truffa a carico di Roberto Vannacci.

Il generale è in predicato di candidarsi alle prossime Europee, forse proprio con il Carroccio, e secondo Matteo Salvini l’avvio dell’inchiesta non sarebbe casuale. «Su Vannacci stavo facendo il conto alla rovescia. Vuole candidarsi con la Lega? Tre, due, uno… Indagato!», ha commentato il vicepremier e leader leghista. Anche in passato, però, il partito salviniano fu scosso dalla magistratura e dai media a ridosso delle elezioni, con presunti scandali rivelatisi poi privi di fondamento.

Nel febbraio 2019, a pochi mesi dalle europee, l’Espresso sparò in copertina la notizia di un’inchiesta pronta a far «tremare la Lega»: quella sui presunti fondi russi al Carroccio. Si ipotizzavano misteriose trattative all’hotel Metropol di Mosca con retroscena da letteratura spionistica. Come è finita? Archiviazione. «Adesso aspettiamo le scuse di tanti», commentò Salvini, alludendo alle polemiche della sinistra.

A ogni tornata elettorale che si rispetti, poi, tra i progressisti c’è chi rinfaccia al leader leghista i 49 milioni di euro confiscati dalla magistratura al suo partito, sebbene Matteo centri poco o nulla con quella annosa vicenda iniziata ai tempi di Umberto Bossi, per il quale scattò la prescrizione. Da manuale di giustizialismo, poi, l’accanimento con cui la sinistra tentò di cavalcare a poche settimane dalle amministrative del 2021 l’inchiesta su Luca Morisi, l’ex guru dei social di Salvini, per una vicenda di sesso e droga. Il creatore della «Bestia» fu trasformato in un mostro, ma alla fine la procura chiese l’archiviazione.

Nello stesso periodo, la sinistra era salita sulle barricate per la presunta «lobby nera» denunciata da Fanpage. Ne scaturì un’indagine che coinvolse, oltre all’eurodeputato meloniano Carlo Fidanza, anche i leghisti Angelo Ciocca e Massimiliano Bastoni. Per tutti arrivò l’archiviazione. Ora, a pochi mesi dal voto per il rinnovo dell’Europarlamento, il tritacarne mediatico e giudiziario tocca al generale Vannacci, con il quale il Carroccio ha subito empatizzato. «È motivo di orgoglio che un coraggioso servitore della Patria come Roberto Vannacci venga accostato alla Lega: l’indagine a suo carico conferma il nervosismo di chi teme il cambiamento, ma è totalmente falso che il partito possa pagargli la campagna elettorale», si legge in una nota del partito di Salvini. Chissà come andrà a finire.

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