Arriva da Napoli la notizia di un ennesimo caso di furbetti del Reddito di cittadinanza. Col passare degli anni, e i tanti provvedimenti ai danni di coloro che hanno cercato di fare fortuna intascando indebitamente il sussidio, continuano ad esserci ancora persone decise a intascare illecitamente il reddito grillino. Un’emorragia continua che danneggia le casse dello Stato, ed è per questo motivo che l’attuale governo è più che mai deciso a regolamentare la questione.
Truffa da 2,3 milioni di euro
A occuparsi del caso di Napoli sono stati gli uomini delle Fiamme Gialle, che hanno portato alla luce un intreccio ben strutturato. Le indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, che ha lavorato sotto il coordinamento dalla procura della Repubblica di Napoli, hanno condotto alla scoperta di una fitta rete di truffatori, ben 300, che riuscivano a percepire il sussidio. Si trattava di persone per la maggior parte disoccupate, e che in molti casi non risiedevano in Italia neppure da 10 anni.
I soggetti effettuavano falsi acquisti in un negozio di generi alimentari, simulando spese frequenti ma inesistenti. Nessuno, infatti, comprava nulla. Il tutto per mettere la mani sul denaro dello Stato. Al termine delle indagini, gli inquirenti hanno provveduto al fermo di sei persone, almeno per il momento. I soggetti sono accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, usura, estorsione, abusiva attività finanziaria e autoriciclaggio.
L’imbroglio
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, le carte PostePay ricevute per percepire il Reddito di cittadinanza venivano impiegate per compiere una serie di acquisti presso il negozio prescento. Simulato l’acquisto, arrivava la restituzione della somma pagata e a questa veniva sottratta una percentuale di circa il 10-20%. A quel punto veniva emessa una fattura da parte di una società complice, che nella realtà non figura neppure come operativa.
Come se ciò non bastasse, i sei indagati avrebbero anche concesso dei prestiti con interessi usurai a tasso variabile. Si parla del 30% fino all’800%. Chi si rifiutava di pagare era costretto a farlo con le minacce o con la violenza. Il denaro intascato veniva investito anche nell’acquisto di immobili, poi intestati alle mogli dei malviventi.
Il provvedimento e l’arresto
A seguito di un’accurata attività di indagine, gli uomini della Guardia di Finanza sono entrati in azione. Sono stati sequestrati diversi appunti redatti dai malviventi, oltre che 92mila euro in contanti, assegni e cambiali dal valore di 158mila euro, titoli da 90mila euro, conti correnti e beni immobili. Al momento sono sei le persone in stato di fermo: due sono ristretti agli arresti domiciliari, mentre quattro sono già in carcere.