Le minacce di Donald Trump fanno correre un brivido lungo la schiena degli alleati Nato. Durante un comizio a Conway, nel South Carolina, l’ex presidente ha ribadito la necessità che i membri dell’Alleanza atlantica spendano il 2% del loro Pil per la difesa e ha dichiarato che non esiterebbe a incoraggiare la Russia ad attaccare i Paesi che non rispettano quest’obbligo, definendoli “delinquenti”.
Una dichiarazione forte, la cui attuazione dovrebbe essere però prevenuta dall’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico, il documento fondante della Nato. “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti”, si legge nel testo. Ergo, se Mosca dovesse intraprendere un’azione bellica ai danni una nazione europea parte dell’Alleanza, anche gli Stati Uniti si troverebbero coinvolti e dovrebbero aprire le ostilità con Vladimir Putin. Nel resto dell’articolo, però, si legge che “ciascuna di esse (gli Stati facenti parte della Nato, ndr) assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”.
Non vi sono, dunque, obblighi espliciti a intervenire militarmente. Ogni Paese può stabilire liberamente quali percorsi intraprendere per risolvere la crisi, senza la necessità di coordinarsi con gli altri. Ponendo il caso di una vittoria di Trump alle elezioni di novembre e di un attacco russo all’Alleanza durante la sua presidenza, gli Stati Uniti non sarebbero tecnicamente obbligati a rispondere con la forza. Per questa sua fumosità e natura interpretabile, l’articolo 5 è stato spesso criticato in passato. Bisogna anche considerare, però, il contraccolpo politico che avrebbe in patria una tale scelta da parte del futuro presidente. I democratici, infatti, sono grandi sostenitori del Patto atlantico e non tutto il Partito repubblicano si conforma alle idee di The Donald.
Dopo le dichiarazioni del tycoon, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg è intervenuto sottolineando che “qualunque affermazione secondo cui gli alleati non si difenderanno a vicenda mina tutta la nostra sicurezza, compresa quella degli Stati Uniti” e augurandosi che “indipendentemente da chi vincerà le elezioni presidenziali, gli Stati Uniti restino un alleato della Nato forte e impegnato”. I Paesi europei, però, sembrano sempre più rassegnati ad un futuro in cui dovranno pensare alla loro sicurezza, privi dello scudo americano. Nel corso degli ultimi mesi, generali e ministri di diverse nazioni dei 27 hanno espresso la necessità di potenziare l’industria della difesa e gli eserciti, in modo da renderli pronti a reagire in caso di guerra con la Russia senza aspettare un intervento da oltre oceano.