Sono uomini rari. L’Italia ne ha avuti solo due. Sono uomini di sport e imprenditoria, di sogni e visioni, capaci di regalare emozioni avvolgendoci nel tricolore. Sono anche uomini di business e marketing e design, perché i sogni devono essere belli e perché svaniscono ben prima dell’alba se i conti non tornano. Uno si chiamava Enzo Ferrari, l’altro si chiama Ernesto Colnago. Giovinezze da pilota e corridore, poi le corse vissute e vinte dall’altra parte, ruote, metallo e ingegno a unirli. E qualcosa di più: un incontro a inizio anni ’80, diventato più incontri, tutti o quasi conclusi seduti al ristorante “il Cavallino” di fronte alla sede della Rossa.
In uno di quegli incontri Ferrari, che conosceva tutto il bene del carbonio in F1, leggerezza e rigidezza, e ne aveva in avanzo, ci mise un attimo a trasferire materiale e know how al giovane Colnago astronauta del ciclismo in cerca di nuovi pianeti tecnologici. Il grande vecchio riuscì a vendere ciò che avrebbe buttato via, il grande giovane comprò a prezzi di saldo ciò che costava oro e portò nel ciclismo fin lì pesante la leggerezza delle nuove frontiere. Fu quasi un passaggio di consegne. Le fuoriserie Ferrari e le bici fuoriserie Colnago: gioielli su quattro e due ruote. Da una parte mondiali di F1, dall’altra Roubaix, Giri e Tour di France. Vittorie e aziende fiorenti. E due uomini rari.