I pasdaran non si fermano: la mossa che preoccupa gli Usa in Medio Oriente

I pasdaran non si fermano: la mossa che preoccupa gli Usa in Medio Oriente

Teheran non ha interrotto il trasferimento di armi e la trasmissione di intelligence ai suoi proxy nonostante la campagna di raid lanciata dagli Usa lo scorso fine settimana contro le milizie filoiraniane in Iraq, Siria e Yemen. Lo scrive l’edizione online di Nbc News che cita fonti anonime americane e di un Paese mediorientale secondo le quali la Casa Bianca non ritiene comunque che il suo nemico storico voglia un allargamento del conflitto nella regione. Eppure l’amministrazione Biden evoca in queste ore la possibilità di una risposta più aggressiva contro l’Iran.

La reazione militare di Washington è prevista continuare per settimane ed è arrivata dopo l’uccisione di tre soldati americani in una base in Giordania a fine gennaio, al culmine di una campagna di oltre 160 attacchi compiuti con droni, missili e razzi dai fedayn supportati da Teheran. L’assistenza fornita dalla Repubblica islamica si sarebbe dimostrata particolarmente preziosa per gli Houthi che stanno seminando il caos nel Mar Rosso interrompendo il traffico commerciale nell’area. Il sospetto degli Stati Uniti è che i ribelli yemeniti abbiano scelto i loro obiettivi in base alle informazioni di intelligence ricevute proprio dall’Iran.

L’amministrazione Biden sperava che i bombardamenti degli scorsi giorni convincessero il regime degli ayatollah a frenare le azioni dei proxy ma stando alle ultime valutazioni tale risultato non sarebbe stato ancora raggiunto. Le milizie hanno infatti compiuto almeno due nuovi attacchi contro le truppe americane mentre gli Houthi hanno ribadito di voler continuare la loro lotta a sostegno di Hamas.

Per il momento gli uomini vicini al presidente Usa ostentano un cauto ottimismo sostenendo che la prosecuzione del sostegno iraniano non sia indice di un’escalation in atto. Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, ha dichiarato nel corso di un’intervista televisiva che “i raid hanno avuto un buon effetto nell’abbassare le capacità offensive di queste milizie e crediamo che saremo in grado di continuare a mandare un forte messaggio sull’impegno degli Stati Uniti a rispondere quando le nostre forze sono attaccate”. Lo stesso Sullivan ha però poi lanciato un avvertimento al regime teocratico indicando che non è possibile escludere eventuali futuri blitz in Iran.

Considerato che le navi rappresentano un’estensione del territorio di una nazione, sono in molti a ritenere che nel mirino del Pentagono ci sia la Behshad, un’imbarcazione appartenente ad una società iraniana oggetto di sanzioni statunitensi. Il cargo manovra nell’area del golfo di Aden dal gennaio 2023 e il suo equipaggio è sospettato di trasmettere informazioni ai ribelli yemeniti sugli obiettivi da colpire nelle acque del Mar Rosso. Appena prima dei recenti attacchi americani la nave ha gettato l’ancora a poca distanza da una base militare cinese nello Stato africano di Gibuti.

La reazione della Repubblica islamica alle dichiarazioni provenienti da Washington non si è fatta attendere. “Non vogliamo una crisi nella regione” ha affermato l’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite Amir Saeed Iravani precisando che “se pensate che l’Iran abbia paura delle minacce vi sbagliate di grosso”. Il diplomatico ha inoltre smentito che il suo Paese fornisca armi agli Houthi ammettendo di aver invece armato Hamas e altri gruppi palestinesi senza però aver avuto alcun ruolo nel massacro del 7 ottobre.

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