Cara Beatrice,
l’opinione pubblica e anche le istituzioni hanno preso ormai atto del fatto incontrovertibile che le violenze all’interno delle scuole sono fenomeno dilagante e che serva quindi compiere qualcosa di forte e concreto allo scopo di contrastare un fenomeno che non lascia presagire nulla di buono, ossia che stiamo allevando non soltanto buoni cittadini ma anche e spesso i criminali di domani. Non intendo con questo sostenere che gli istituti scolastici siano una sorta di corso di specializzazione per il crimine. Sono le famiglie a imprimere nei fanciulli una specie di propensione ad adottare comportamenti aggressivi, che vanno dai soprusi verso i compagni, e in questo caso parliamo di bullismo, a intimidazioni, insulti, attacchi fisici e verbali nei confronti dei docenti. Si tratta di reati a tutti gli effetti. Genitori violenti producono figli violenti. Tanto è vero che sono soprattutto babbo e mamma ad organizzare spedizioni punitive nei confronti di professori colpevoli di avere fatto il loro dovere, magari assegnando un brutto voto al ragazzo impreparato o richiamando all’ordine l’alunno che dimostra indisciplina oppure disturba le lezioni.
Mi attengo ai fatti di cronaca, che vorrei ripercorrere insieme a te. Innanzitutto, mi preme rilevare che le tue paure sono fondate: da settembre, ovvero dall’inizio dell’anno scolastico, ad oggi le aggressioni ai danni dei professori sono state ben 27, nel corso di tutto l’anno scolastico 2022/2023 furono 36. Significa che i casi di violenza a scuola sono raddoppiati e registriamo un episodio grave a settimana. L’asticella della ferocia, per di più, tende a sollevarsi di anno in anno. Gli autori di queste condotte sono soprattutto i familiari dei discenti.
Più o meno negli stessi giorni in cui, a Varese, un giovane ha accoltellato l’insegnante, è accaduto che, stavolta a Taranto, il preside di un istituto sia finito al pronto soccorso dopo essere stato immobilizzato, buttato per terra e picchiato selvaggiamente dal padre di una bambina. Calci e pugni volavano che era una bellezza. Il 2 febbraio, nel Foggiano, era toccato a un altro dirigente scolastico. I fatti sono alquanto grotteschi: una mamma, reputando troppo lieve la sospensione di 5 giorni decisa dal consiglio di classe nei confronti del ragazzino che aveva pestato suo figlio, ha pestato a sua volta il preside. Cosa avrà insegnato al figlio questa signora? Che è bene farsi giustizia da soli, che alla violenza si risponde con altra violenza, peraltro nei riguardi di chi è innocente.
A gennaio, poco dopo la ripresa dell’anno scolastico, a Cosenza, il preside di un liceo era stato schiaffeggiato da un genitore il quale non gradiva la destinazione della figlia nel progetto di alternanza scuola-lavoro. Andiamo a novembre, quando, in Sardegna, un professore ha ricevuto una testata dal babbo di un allievo. La sua colpa? Avere rimproverato il figlioletto che piagnucolando è uscito dall’aula per chiamare in soccorso il padre. Certo, stupisce che questi ragazzi non siano capaci di reggere la disapprovazione, il richiamo, l’autorità, le regole. Ma stupisce ancora di più che i parenti vogliano preservarli da tutto questo, ossia da quegli elementi essenziali da cui dipendono la crescita e la maturazione di un individuo.
Nello stesso mese, – proseguiamo -, in provincia di Modena, un docente è stato ferito al volto mentre tentava di sedare una rissa nel cortile della scuola. Roba che accade nelle carceri.
L’insegnante accoltellata a Varese non costituisce il primo caso. Ci siamo scordati che a maggio scorso, ad Abbiategrasso, un’altra era stata pugnalata da un liceale, che se l’è cavata con il ricovero in un reparto psichiatrico e la bocciatura? E ci siamo dimenticati anche della professoressa colpita a Rovigo con i pallini di gomma sparati dai suoi studenti? Ah, i responsabili furono premiati con il 9 in condotta, abbassato soltanto in seguito a furenti polemiche. Forse sarebbe utile andare a scuola con l’elmetto.
Penso anche io che il voto in condotta, la bocciatura, l’obbligo di seguire corsi extra, e altre diavolerie simili siano del tutto inutili e non inducano i giovani ad attenersi alle norme del vivere civile, norme che neppure conoscono. Questi non sono studenti interessati a formarsi, a crescere, ad acquisire un titolo di studio. Questi sono delinquenti in erba che andrebbero rieducati. Possibilmente insieme a coloro che li hanno messi al mondo.