Basta con Tele-Meloni. Il Festival di Sanremo smentisce la propaganda di regime, si oppone, reagisce, fa le barricate, avanti o popolo con la Tele-lecco, non c’entra affatto il comune lombardo ma il desiderio di blandire gli oppositori che rosicano contro la maggioranza. Amadeus tiene famiglia e anche bella, Mengoni ha il suo popolo di appassionati, meglio portarsi avanti con il lavoro e cantare un Bella ciao utile e necessario in casi di emergenza, come gli estintori per gli incendi. Grande ed eroica l’affermazione di essere antifascisti, ci mancherebbe altro ma ora, per par condicio di cazzeggio, mi aspetto che il direttore artistico, presentatore, conduttore e tutta la sua orchestra, compreso Rosario Fiorello, intonino un Vola colomba, omaggio non soltanto a Nilla Pizzi e alla prima canzone vittoriosa al festival del ’52 ma ad un testo di chiara ispirazione politica. La questione del ritorno di Trieste all’Italia venne affrontata dai due autori Bixio Cherubini-Carlo Concina, con chiari riferimenti alla città, da «inginocchiato a San Giusto» a «lasciavamo il cantiere», la terra triestina questa era, sofferente, divisa, la parte jugoslava e quella amministrata dagli angloamericani, settant’anni fa Trieste fu infine liberata e restituita all’Italia. Ma c’è anche dell’altro nelle parole «fummo felici, uniti e ci han divisi» e comunque «Vola colomba bianca vola, diglielo tu che tornerò», forse è il sogno di Giuseppe Conte? Forse il progetto di Elly Schlein? Sarebbe roba buona per il palco dei festivalieri e i manifestanti della sala stampa, un contrordine compagni. Ma per il momento è importante farsi riconoscere con i motivetti che piacciono alla gente che piace. Per la cronaca e la memoria, segnalo che la facciata B del 78 giri vittorioso, aveva un titolo emblematico Papaveri e papere. Qualunque allusione a personaggi e interpreti di Sanremo è puramente voluta.