Ancora una presunta corruzione nel cuore dei palazzi del potere romano. Gare d’appalto e consulenze, in cambio di denaro e promesse di promozioni di carriera. Fanno rumore gli arresti domiciliari disposti dal gip Maria Gaspari su richiesta della Procura di Roma. Colpiscono Gabriele Visco – figlio dell’ex ministro Vincenzo -, ex dirigente di Invitalia licenziato nel 2023, un avvocato e due imprenditori, accusati a vario titolo di corruzione e traffico di influenze illecite. Testimone eccellente, sentito dai pm ed estraneo alle indagini, il nipote del capo dello Stato, l’ad di Invitalia Bernardo Mattarella. Cioè l’uomo a cui Visco, secondo l’accusa, sperava di poter essere raccomandato per blindarsi la carriera, in cambio del suo intervento per favorire un imprenditore nelle gare della società pubblica. «Facciamola una telefonata a Bernardo», diceva Visco intercettato.
I pm ricostruiscono il presunto patto corruttivo. Con la «totale messa a disposizione» di Visco jr agli interessi di Claudio Favellato, titolare di un’impresa di costruzioni, e dell’imprenditore Pierluigi Fioretti, un passato da consigliere in Campidoglio con An e con le giuste conoscenze politiche per promettere a Visco le promozioni. All’avvocato Luca Leone il dirigente avrebbe invece fatto ottenere una consulenza «fittizia» in Invitalia con compensi per 231 mila euro, ora sotto sequestro.
Visco si sarebbe proposto come «intermediario» con i membri delle commissioni di gara. Nelle intercettazioni il dirigente «manifesta la propria disponibilità ad agevolare l’aggiudicazione di gare a Favellato intervenendo direttamente sui pubblici ufficiali» delle commissioni aggiudicatrici. E dice «di essere pronto a remunerarli». Si tratterebbe di funzionari Invitalia non identificati. Favellato avrebbe consegnato a Visco una lista di gare da attenzionare. Intercettato, chiede esplicitamente al dirigente chi pagare, assicurando denaro allo stesso Visco: «Certo, pago il componente della commissione, dimmi quello che ti devo dare, ti pago». In cambio Visco avrebbe fatto «pressanti richieste» sia di denaro sia di «miglioramenti» di carriera. Il dirigente, infatti, non si sarebbe sentito «adeguatamente valorizzato» in Invitalia e «aspirava a una posizione apicale». Per i pm ottiene da Fioretti la promessa di un «interessamento verso politici di sua conoscenza, vantando quest’ultimo un rapporto con persone che lavorano a fianco del ministro Urso al fine di fare pressioni sull’ad Mattarella e fargli ottenere una promozione». Anche attraverso i contatti con l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al quale Fioretti descrive Visco così: «Quel direttore di Invitalia. Quello che mi sta a fa ave’ i soldi». I pm sottolineano «una certa insistenza» di Visco: «Deve chiamà… Chiama a Mattarella (Bernardo ndr), Visco deve essere promosso». Il momento è complicato: «Io lì ho un po’ di tensione quindi se potete fa du’ telefonate a qualcuno che alza il telefono… chiama il mio amministratore… guardate Gabriele è bravo… perché se non riesco a occuparmi di tutto quanto, io non posso anda’ a fa’ quello che interessa». Per i pm così Visco legherebbe la sua riconferma agli interessi degli imprenditori. Secondo l’accusa «si è fatto certamente dare e promettere per sé e per altri denaro» e altre utilità. E «con tutta probabilità», scrivono i pm, ci sarebbe stata una «somma di denaro» dentro la busta azzurra che gli investigatori hanno visto Favellato consegnare al dirigente Invitalia fuori da un bar di Roma. Le intercettazioni restituiscono le lamentele di Visco per le modalità di consegna del denaro dall’imprenditore: «Che cazzo mi fai un assegno? A chi lo intesto?». Per i pm avrebbe anche ottenuto un telefono IPhone – a suo dire da consegnare al presidente di una commissione di gara ma che «invece ha tenuto per sé» -, soldi per acquistare tre telefoni che lascia intendere «di aver consegnato ad altri». Ma a Visco viene contestata anche una consulenza «fittizia» che da dirigente Invitalia avrebbe fatto ottenere all’avvocato Leone. Un incarico pagato 231 mila euro, con fatture tra i 2.600 e i 6.240 euro al mese, tra il 2020 e il 2023. Le prestazioni sarebbero state «inconsistenti», ma Visco avrebbe usufruito di parte delle somme liquidate, almeno 27mila euro, con una carta di debito intestata a Leone ma in uso allo stesso dirigente. Una dipendente in uno sfogo definiva la consulenza di Leone una «marchetta».
Alla notizia dell’arresto del figlio, l’ex ministro delle Finanze ha dichiarato di essere «molto sorpreso».