Le portaerei degli Stati Uniti sarebbero in grado di affrontare la Cina in un ipotetico conflitto militare nonostante Pechino possa contare su una cospicua fornitura, per altro in crescita, di missili DF-26, meglio noti come “killer di portaerei“. È questa la valutazione effettuata da un alto funzionario della Marina Usa per delineare i contorni di un possibile, futuro scontro tra le due superpotenze nel Pacifico occidentale. “I nostri marinai, altamente addestrati, sono in grado di operare in questi domini complessi e contestati, di essere letali e di sopravvivere e di portare a termine la missione indipendentemente dalla minaccia“, ha dichiarato nello specifico il contrammiraglio Carlos Sardiello, comandante del gruppo d’assalto della USS Carl Vinson.
Le portaerei Usa nell’Indo-Pacifico
La citata Carl Vinson e la USS Theodore Roosevelt hanno appena condotto un addestramento congiunto con il cacciatorpediniere giapponese JS Ise nel Mare delle Filippine. Calcolatrice alla mano tre portaerei statunitensi si trovano adesso nell’Indo-Pacifico nonostante le crescenti tensioni in Medio Oriente, in un chiaro messaggio rivolto alla Cina e alla Corea del Nord: al netto delle varie crisi globali, sembra voler evidenziare Washington, la regione asiatica resta (e rimarrà ancora per diverso tempo) in cima all’agenda Usa.
“Sono assolutamente fiducioso che il gruppo d’attacco della portaerei possa eseguire la missione per cui è stato progettato in modo efficace e sicuro“, anche contro i missili cinesi, ha intanto dichiarato il citato Sardiello, aggiungendo che il gruppo d’attacco “dimostra la forza militare della nazione“. Ricordiamo che una portaerei opera come gruppo da battaglia, in genere insieme ad un cacciatorpediniere, un incrociatore e un sottomarino che forniscono difesa aerea, raccolta di informazioni, guerra antisommergibile e altre capacità. Come ha sottolineato il sito Nikkei Asian, sebbene lo schieramento delle portaerei Usa contribuisca a trasmettere il messaggio che l’esercito americano sia pronto a gestire la Cina e la Corea del Nord in tempo di pace, lo stesso schieramento potrebbe essere vulnerabile agli attacchi missilistici di Pechino in caso di conflitto. I richiamati missili antinave DF-21 cinesi hanno, non a caso, lo scopo di impedire alle portaerei americane di avvicinarsi alla cosiddetta prima linea del Pacifico occidentale.
Patrick Cronin, responsabile della sicurezza dell’Asia-Pacifico presso il think tank Hudson Institute ha affermato che “in tempo di guerra, le forze missilistiche cinesi potrebbero cercare di affondare le portaerei” che operano all’interno della seconda catena di isole che si estende dalle isole giapponesi Ogasawara e dal territorio statunitense di Guam fino alla Papua Nuova Guinea. “Le portaerei rimangono molto importanti per proiettare l’impegno di sicurezza degli Stati Uniti durante la pace o la crisi, ma corrono il rischio di essere affondate se dovesse scoppiare una guerra“, ha concluso Cronin.
La minaccia dei missili cinesi
Analisti ed esperti lavorano ormai da mesi a tutti gli scenari bellici possibili e immaginabili. Uno degli aspetti più rilevanti riguarda la resistenza delle portaerei Usa, presumibilmente bersagli principali di Pechino. A fronte di una guerra i porti strategici giapponesi che ospitano le navi Usa – come Yokosuka e Sasebo – potrebbero subire attacchi intensi. Le risorse americane di alto valore, comprese le portaerei, dovranno quindi ritirarsi verso la seconda catena di isole, forse anche più ad est visto che nemmeno Guam è più un rifugio.
Nel rapporto annuale dello scorso anno sulla potenza militare cinese, intanto, il Pentagono ha riconosciuto la minaccia rappresentata dai DF-21, avvertendo che i missili in questione danno alla Cina “la capacità di condurre attacchi di precisione a lungo raggio contro navi, comprese le portaerei, nel Pacifico occidentale dalla Cina continentale“. Il killer di portaerei ha una gittata superiore ai 1.500 chilometri, è dotato di un veicolo di rientro manovrabile (MaRV) e, a quanto risulta, è in grado di ricaricarsi rapidamente sul campo.
“Sebbene le portaerei facciano parte del deterrente degli Stati Uniti nel Pacifico occidentale, le loro capacità possono essere in qualche misura sostituite da altre forze, come i sottomarini e gli aerei terrestri“, ha dichiarato David Ochmanek, ricercatore senior presso RAND. L’aeronautica statunitense sta nel frattempo aumentando i suoi avamposti operativi nella regione. Nel 2023 ha ottenuto un maggiore accesso alle strutture militari di Filippine, Australia e Papua Nuova Guinea, rendendo più difficile per l’esercito cinese colpire la potenza aerea americana. In ogni caso, al momento gli Usa non sembrerebbero essere particolarmente preoccupati dei DF-21 made in China: ottimismo eccessivo o rischio calcolato?