Ci sono nuovi elementi al vaglio della Procura di Catania nel caso dello stupro della 13enne da parte di sette egiziani tra i 15 e i 19 anni, avvenuto il 30 gennaio, nei bagni della centralissima Villa Bellini dinanzi agli occhi del fidanzato di 17 anni, picchiato e bloccato dal branco. Sono nuove dichiarazioni rese dalle vittime, che sono state depositate ieri dall’accusa.
Mentre si attende oggi la decisione sulla convalida o meno delle misure cautelari richieste dalla procura per i quattro egiziani interrogati ieri a Palazzo di giustizia, tre in collegamento telematico dal carcere, e uno presente in aud’ufficio dall’avvocato Alessandro Fidone (che rappresenta anche l’egiziano che si è avvalso della facoltà di non rispondere), sostiene anche lui di essersi trovato quella sera casualmente a Villa Bellini quando ha sentito delle grida. «Non ho partecipato all’aggressione», ha ribadito.
Ma la vittima ricorda invece che lui, affacciato per guardare, incitava gli amici.
Appare strano e improbabile anche agli inquirenti che si siano ritrovati dei giovani tutti egiziani nello stesso posto, alcuni dei quali si conoscevano, tanto da essere insieme l’11 gennaio a Palermo, come documentato dai social.
Le telecamere di videosorveglianza piazzate a Villa Bellini non potranno essere d’aiuto alle indagini perché non sono mai entrate in funzione, ma lo sono quelle di privati e dei tanti locali di via Etnea che riprendono la zona e alcune puntano proprio l’ingresso dei giardini pubblici etnei. Si accerterà presto, dunque, se c’erano altri giovani non ancora identificati.
«Sembra che ci fossero tra i 7 e i 10 ragazzi presenti – ha detto l’avvocato Ganci – ma al momento il fermo ne indica 7 e se ci sarà qualcosa in più verrà fuori dalle indagini». Davanti al tribunale campeggiavano striscioni: «Femminestorie», «Sham officine coordinamento contro la violenza e contro il femminicidio», «Fright diritti senza confini».