Alleluia, la Chiesa mette fine alla liturgia ridotta a carnevale

Alleluia, la Chiesa mette fine alla liturgia ridotta a carnevale

Eravamo arrivati a battezzare non solo «In nome del Creatore», ma perfino «A nome del papà e della mamma». E, invece, «per la validità dei sacramenti, formule e materia non possono essere modificate». Mavà. Qualche volta perfino questa Chiesa ha un sussulto. Sarà l’intervento dello Spirito Santo che per un attimo frena la discesa sul piano inclinato della modernità più laicista o un semplice lampo di buon senso, ma la cosa non può comunque che far piacere a chi ancora considera la religione una cosa seria e non il palcoscenico per improvvisati saltimbanco. S’intitola «Gestis verbisque» la nota del Dicastero per la Dottrina della fede, un tempo regno di quel gigante mai così rimpianto di Papa Ratzinger, che nasce dal «perpetuarsi di abusi liturgici». E non ci voleva molto a scandalizzarsi di come dalle chitarre post sessantottine che hanno assediato gli altari, si sia via via passati a manifestazioni davvero poco decorose: non solo in chiesa, ma anche in una festina di compleanno. E così, con l’approvazione di Papa Francesco (nella foto), cardinali e vescovi che hanno partecipato alla Plenaria del Dicastero, hanno sentenziato che le formule e gli elementi materiali stabiliti nel rito essenziale «non possono essere cambiati a piacimento in nome della creatività». Pena la non validità del sacramento. Perché capita che perfino alcuni sacerdoti scoprano di non essere battezzati per essere stati sottoposti a un rito balzano. Costringendo il cardinale Victor Fernandez a ricordare che «a noi ministri è richiesta la forza di superare la tentazione di sentirci proprietari della Chiesa». E che «i fedeli hanno il diritto di riceverli così come la Chiesa dispone». Non sarà un ritorno alla messa in latino, ma almeno il divieto di fare della sacralità del rito un variopinto carnevale.

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