I raid Usa al cuore Houthi. I ribelli minacciano i cavi

I raid Usa al cuore Houthi. I ribelli minacciano i cavi

Attacchi mirati, fino a quando sarà necessario, fino al logoramento delle forze nemiche. La strategia anglo-americana nel mar Rosso è molto chiara, ed è stata ribadita all’indomani del nuovo blitz contro gli Houthi nello Yemen, il terzo dal 12 gennaio. Venerdì gli Stati Uniti avevano colpito 85 obiettivi di miliziani filo-iraniani in Irak e Siria, e ieri notte è toccato ai ribelli yemeniti, anch’essi sostenuti da Teheran, in quello che appare come il secondo giorno della rappresaglia a stelle e strisce per l’uccisione di tre marines in una base al confine fra Siria e Giordania. Usa e Regno Unito, con il sostegno di Canada, Paesi Bassi e Bahrein, hanno annientato 36 obiettivi dei ribelli in 13 località dello Yemen, lanciando missili dalla portaerei Eisenhower e bombardando siti tattici con i Typhoon della Royal Air Force decollati dalla base di Akrotiri a Cipro. I blitz, in tutto 48, hanno preso di mira arsenali sotterranei, sistemi missilistici e di difesa aerea e radar, con l’obiettivo, si legge in un comunicato congiunto, «di interrompere e diminuire le aggressioni degli Houthi contro le navi nel Mar Rosso».

La presenza anglo-americana si fa sempre più pressante, ma come ha spiegato il ministro della Difesa britannico Shapps le operazioni «sono e saranno proporzionate contro obiettivi militari. Nessuno ha intenzione di innescare un’escalation, ma non possiamo sottostare a ricatti. Abbiamo agito per legittima difesa e in conformità con il diritto internazionale». Il segretario alla difesa Usa Austin ribadisce che si tratta di «un’azione collettiva, e ci saranno ulteriori conseguenze se i ribelli non porranno fine ai loro attacchi illegali».

Dal canto suo il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Sullivan ha affermato che ci saranno ulteriori passi avanti nella risposta americana, sia all’attacco dei droni in Giordania, che contro i ribelli yemeniti.

Gli Houthi accusano il colpo militarmente, ma non sembrano avere alcuna intenzione di fermarsi. Il generale Yahya Saree tuona su X: «Gli attacchi sionisti avranno una risposta distruttiva», precisando che i raid hanno colpito quattro governatorati e la capitale Sana’a, ma che si è trattato «per lo più di uno spettacolo mediatico senza gravi conseguenze». Gli iraniani condannano il blitz, sostenendo che le mosse militari degli Stati Uniti e del Regno Unito «alimentano il caos, l’insicurezza e l’instabilità nella regione». Teheran inoltre ha lanciato un avvertimento a Washington di non attaccare due sue navi mercantili, la Savix e la Behshad, sospettate di servire come postazioni di spionaggio per la Guardia rivoluzionaria paramilitare iraniana. Hamas incolpa Washington e Londra di voler solo «far scorrere sangue innocente», mentre il primo ministro iracheno Al Sudani ritiene che i missili occidentali «porteranno conseguenze disastrose per la sicurezza e la stabilità dell’Irak e della regione». Il portavoce governativo degli Houthi Mohammed Abdulsalam in serata ha messo in chiaro che «mai verrà meno il sostegno a Gaza», e ha aggiunto che «non sarà facile distruggere le capacità militari yemenite. L’Occidente verrà messo in ginocchio. Se ne accorgeranno presto».

Una frase a effetto, ma che secondo l’M16 britannico, che conferma un’indiscrezione pubblicata nei giorni scorsi dall’istituto di ricerca di Washington «Gulf International Forum», riguarderebbe un piano per sabotare i cavi sottomarini che garantiscono i collegamenti internet mondiali. Una minaccia che se messa in atto potrebbe creare un black-out in ogni tipo di comunicazione a livello globale.

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