Il super 2023 delle banche. Utili oltre i 40 miliardi

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Parte oggi la settimana in cui tutti i principali gruppi bancari riveleranno i propri conti di fine anno. Ci si attendono cifre record, con la Fabi che ha stimato per il 2023 profitti per l’intero settore bancario oltre i 40 miliardi (compresi tra un minimo di 35 e un massimo di 43). Comunque andrà sarà un successo, visto che i 25 miliardi di un ottimo 2022 saranno superati di slancio. Le premesse ci sono tutte, con i primi cinque gruppi che, solo nei primi nove mesi, hanno sfiorato i 16 miliardi di profitti e ci si aspetta possano viaggiare verso quota 20.

La prima grande banca italiana a divulgare i conti sarà Unicredit. L’istituto guidato da Andrea Orcel, di cui ieri si è riunito il consiglio d’amministrazione, questa mattina pubblicherà i risultati trimestrali che daranno visione completa su tutto il 2023. Dalle parti di Piazza Gae Aulenti si assicura che il board ha preso in esame solo i numeri di bilancio, anche se l’irrituale convocazione domenicale del cda (a mercati chiusi) nelle scorse settimane aveva alimentato speculazioni su una possibile manovra di Unicredit sulla Popolare di Sondrio. L’unica cosa certa, al momento, è che mercoledì Orcel – affiancato dal vice italiano Remo Taricani e dalla responabile per le strategie alla clientela Annalisa Reni – ha indetto una conferenza stampa che a questo punto assume connotati di grande interesse, ammesso che non emerga già oggi qualcosa sulle prossime mosse del gruppo.

Unicredit, finora, è stata tra le banche che hanno corso di più in Borsa, macinando profitti super, e sono in molti ad aspettarsi che prima o poi possa concludere un’acquisizione. La banca dovrebbe continuare il momento magico e gli analisti in media si attendono per il quarto trimestre utili per 1,1 miliardi e ricavi per 5,6 miliardi. Il totale dei profitti per l’anno dovrebbe arrivare alla cifra record di 7,8 miliardi.

A versare in ottima salute, però, è tutto il settore, per la gioia dei bancari che hanno incassato un aumento in busta paga della bellezza di 435 euro al rinnovo del contratto. La raffica di rialzi dei tassi della Banca centrale europea ha fatto volare il margine d’interesse che, prendendo in considerazione i primi cinque gruppi, ha pesato per il 58% su una torta da 47,4 miliardi di ricavi. Una cifra enorme, che peraltro aveva già alimentato maxi utili nel 2022, e rafforzata anche dal ritardo della remunerazione degli interessi attivi alla clientela. Aspetto, quest’ultimo, che aveva portato il governo a pensare una tassa sugli extraprofitti bancari basata proprio sul margine d’interesse. Annunciata nell’agosto scorso, dopo essere stata accompagnata da polemiche è stata poi modificata. L’ammontare della tassa è il 40% del margine d’interesse 2023 che ecceda per almeno il 10% quello realizzato nel 2021. Alle banche però è stata offerta la possibilità di accantonare una somma di due volte e mezzo l’importo della tassa, opzione che hanno scelto tutti i principali gruppi. Una mossa che ha il merito di migliorare la patrimonializzazione degli istituti, aspetto non negativo in vista di un’economia globale in rallentamento e piena di incertezze. E se, un domani, le banche volessero usare queste riserve per pagare dividendi, tornerebbero comunque a essere soggette alla tassa sugli extraprofitti, maggiorata del tasso d’interesse applicato dalla Bce.

Alla fine di questa settimana si saprà quanto effettivamente le banche accantoneranno. Doman toccherà a Intesa Sanpaolo pubblicare i suoi conti di bilancio. Sempre in settimana, mercoledì, arriveranno i numeri anche di Mps e Bper, mentre giovedì toccherà a Banco Bpm. Insomma, tutte le cinque più grandi banche italiane. Il picco dei tassi d’interesse e i possibili tagli nel 2024 segneranno una nuova fase per le banche. Continueranno a macinare utili solo quelle che meglio hanno contenuto i costi, ricordandosi di rafforzare il pilastro delle commissioni.

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