I suoi detrattori avevano già esultato, convinti di aver abbattuto la preda. Ma vendere la pelle dell’orso prima di averlo accoppato è un’operazione quantomai azzardata. Soprattutto se l’obiettivo del bracconaggio politico è Vittorio Sgarbi. A due giorni dalle annunciate dimissioni da sottosegretario alla Cultura a seguito di un pronunciamento dell’Antitrust, il critico d’arte è infatti tornato con un vigoroso colpo di coda. Ieri, a margine di un evento alla Borsa Internazionale del Turismo, ha riconquistato il ring e sospeso il suo passo indietro. «Non sono ancora un ex sottosegretario. Le dimissioni le ho solo annunciate ma le devo ancora negoziare con il governo», ha affermato ai microfoni dell’emittente di Frosinone Teleuniverso, facendo probabilmente sbiancare chi aveva già festeggiato la sua uscita di scena. Venerdì scorso, intervenendo alla «Ripartenza» kermesse organizzata a Milano dal vicedirettore del Giornale, Nicola Porro Sgarbi aveva infatti annunciato di volersi dimettere da sottosegretario dopo che l’Antitrust aveva decretato l’incompatibilità tra i suoi incarichi istituzionali i suoi impegni di conferenziere. Così, aveva per un attimo alzato bandiera bianca, a dispetto del proprio innato spirito battagliero. «Se mi dicono che non posso fare conferenze o presentare mostre o libri, visto che sono sottosegretario, io mi dimetto. Ma farò ricorso al Tar», aveva osservato. Interpretando quella mossa come una vittoria, gli anti-Sgarbi si erano dati al giubilo più scomposto. «Fuori uno», aveva titolato il Fatto Quotidiano, appendendo idealmente il suo scalpo alla parete dei trofei. Ieri, però, le parole da cui si intuiva che il critico ha deciso di non darla vinta a chi lo considerava già fuori da giochi e si apprestava probabilmente a cavalcare la vicenda per destabilizzare il governo. «In questo momento sono ancora sottosegretario alla Cultura, sia pure con annuncio di dimissioni. La mia agonia sarà lunga», ha ironizzato Sgarbi alla Bit di Milano, per poi precisare a «Zona Bianca» che la lettera di dimissioni «sto finendo di scriverla ed entro oggi (ieri, ndr) la invio alla Meloni, ringraziandola per essere stata estremamente sensibile e rispettosa». Le dimissioni sono «certe, per non essere mutilato dall’Antitrust», insomma, ma «altrettanto certo» è il ricorso al Tar, «per accertare la verità», anche sei i tempi «non sono quelli stabiliti dai modesti Calenda, Napoli o Bonelli». «Se l’Antitrust dice che non posso essere Sgarbi – ha detto – io preferisco essere Sgarbi vado per conto mio e continuo a fare Sgarbi». «Tornerò a lavorare a Mediaset» ha annunciato. Non si può smettere di essere Sgarbi.