La crisi migratoria che ha investito il Sud degli Stati Uniti sta trasformando il confine in una cintura di fuoco. Da un lato migliaia di migranti centro e sud americani che spingono per entrare, dall’altro gruppi patriottici che vogliono fermare l’invasione. Dalla California al Texas si moltiplicano le formazioni della galassia conservatrice che manifestano e protestano, per ora pacificamente, contro le ondate migratorie che stanno investendo il Paese. Il movimento, collegato indirettamente al grande ombrello del popolo trumpiano MAGA (da Make America Great Again) si è raccolto sotto l’insegna Take Our Border Back, “Riprendiamoci il nostro confine”. Gli stessi organizzatori hanno descritto se stessi come God’s army, “Esercito di Dio”.
Un confine sotto pressione
Al momento questo movimento conta un gruppo Telegram con oltre 4.500 sostenitori. Ieri 500 di loro si sono radunati a San Ysidro (in California) lungo il confine con il Messico, non lontano dalla città di Tijuana. Molti di loro erano lì con megafoni e bandiere che inneggiavano a Donald Trump. Ufficialmente, dicono gli organizzatori, si tratta di un raduno pacifico, segnato dai valori cristiani, ma qualche media ha segnalato che tra cori e bandiere sono apparsi slogan a favore dei rivoltosi di Capito Hill. Non solo. Sempre attraverso Telegram il gruppo di estrema destra Proud Boys, insieme ad altri della galassia suprematista, ha invitato i proprio membri ad aderire ai convogli e prendere parte alla protesta.
Al di là di possibili infiltrazioni, il malessere nei confronti della crisi al confine è palpabile. Da quando Biden si è insediato alla Casa Bianca almeno 6 milioni di persone hanno tentato di attraversare il confine, con circa 2,3 entrati nel Paese. Tra novembre e dicembre del 2023 la pressione ha raggiunto ritmi insostenibili, nell’ultimo mese dell’anno gli attraversamenti illegali hanno sfondato quota 225 mila, con picchi da 10mila arrivi al giorno. L’epicentro di questa crisi rimane il Texas, e infatti a San Ysidro le bandiere dello Stato della stella solitaria sventolavano insieme a quelle americane e pro-Trump.
Il convoglio in Texas
Proprio nel Lone Star State è arrivato un folto gruppo di manifestanti di Take Our Border Back, partito qualche giorno prima dalla Virginia. Sabato si sono accampati nella cittadina di Quemado, a una ventina di miglia dall’Eagle Pass. Le 1.500 persone che si sono radunate hanno denunciato gli “evidenti pericoli posti dal confine meridionale” e la necessità di “rallentare e fermare il traffico di droga e di esseri umani associati alle ‘frontiere aperte e occorrono misure immediate“.
Il convoglio arrivato in Texas ha raccolto partecipanti da tutta l’America profonda. Reuters ha raccolto diverse testimonianze del popolo dei patrioti scesi a “difendere” il confine. È il caso di Dennis Barnd, 61 anni, partito con la moglie dall’Ohio per portare il sui messaggio cristiano: “Vivo in una zona remota del paese, non c’è molto attivismo. È commuovente vedere tutte queste persone unite da una causa comune“. Adam Chavin, 39 anni è partito da Nashville, in Tennesse e racconta di essersi messo in viaggio per “fare qualcosa di concreto” e di non essere “solo uno che non pubblica commenti su internet“.
Qualche settimana fa il governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, ha preso il controllo del parco naturale dove ha sede Eagle Pass e installato una barriera lungo il corso del Rio Grande, il fiume che divide Usa e Messico è che negli anni è diventato il punto di passaggio di milioni di migranti. Una mossa che ha infiammato il braccio di ferro con il governo di Washigton. Lo stesso Abbott ha promesso di tenere proprio al passo una conferenza stampa in segno di sfida a Joe Biden.
La battaglia per il Texas
Il braccio di ferro tra Washington e Austin diventa quindi il nuovo fronte della crisi politica americana. l governo federale ha citato in giudizio il governatore per aver preso il controllo della zona e per aver steso filo spinato lungo il fiume. Da lì è nata una battaglia tra le forze del Texas, in testa la guardia nazionale e le autorità federali come la Border Patrol. Il caso è addirittura arrivato davanti alla Corte suprema che in un primo round ha dato ragione all’amministrazione Biden e intimato ad Abbott di togliere il filo spinato.
Dal canto suo il governatore ha difeso la decisione e promesso che la guardia nazionale continuerà a difendere i confini. In casa dem c’è chi chiede a Biden di rilevare il controllo dello stato dalla milizia e ripristinare l’ordine, ma la decisione potrebbe innescare un’escalation incontrollabile. Negli ultimi giorni altri venticinque Stati a guida repubblicana hanno dato il loro sostegno al Texas promettendo aiuti.
Una bomba sulla presidenza Biden
L’emergenza al confine, i convogli e il braccio di ferro con il Texas rappresentano una bomba a tempo sulla presidenza di Biden. Per mesi i sondaggi tra gli elettori registravano che la massima preoccupazione per il futuro del Paese riguardava l’encomia, ma oggi quelle paure sembrano spostarsi lentamente verso la questione della sicurezza e soprattutto della difesa dei confini. Nelle ultime settimane Biden ha cambiato il suo approccio alla crisi, nei fatti smentendo le premesse avviate dopo il suo ingresso al 1600 di Pennsylvania avenue. Ha chiesto al Congresso maggiori poteri per chiudere il confine meridionale, nei fatti buttando la palla in campo repubblicano.
Il Gop risponde che la scelta dei dem di vincolare le misure per il confine meridionale agli aiuti all’Ucraina è una mossa che difficilmente passerà alla Camera. Intanto Donald Trump osserva. Soffia sul fioco della crisi dicendo a deputati e senatori repubblicani di non votare alcun provvedimento e attende i prossimi sondaggi. Per Biden il tempo score, serve una soluzione e serve subito. Nel frattempo la carovana dei Take Our Border Back promette nuove incursioni a Sud.