Roma Sul tabellone arriviamo a un’incollatura (27 a 24) ma a passare è ancora l’Inghilterra che resta la nostra chimera. All’Olimpico, Gonzalo Quesada apre il suo ciclo con una sconfitta. Gli inglesi festeggiano all’Olimpico e l’Italia si mangia le mani: non solo perché segna più mete degli inglesi ma anche perché sbaglia nei momenti che decidono il match. Allan spedisce alle ortiche un piazzato che avrebbe fatto la differenza e che avrebbe rimesso gli azzurri sulla scia di un’Inghilterra non stratosferica. Gli azzurri lo scoprono nel primo tempo: bastano 10 minuti per scappare avanti e mettere un primo segno sulla partita. Ci pensa Alessandro Garbisi ad aprire la difesa inglese per vie centrali facendoci pensare che qualcosa con la cura Quesada sia cambiato. Magari solo in attacco. Già perché in difesa basta invece una copertura light per aprire un portone a Elliot Daly che trasforma in oro un pallone servito magistralmente da Freddy Stewart.
Per fortuna c’è la buona stella di Tommy Allan che parte dalla propria metà campo, dialoga con Pani e atterra dopo aver innestato le marce alte direttamente in meta. È roba da manuale, una meta che a buon diritto si candida sin d’ora tra le più belle del torneo e siamo solo all’inizio. Sul 17 a 8 devi solo gestire e invece resti a guardare e concedi: due calci di Ford per rimettere in corsa i bianchi, opachi quanto vuoi, ma maledettamente solidi. Su questo l’Inghilterra fa la differenza e la zampata arriva ad inizio ripresa quando un placcaggio mancato di Menoncello mette Alex Mitchell nelle condizioni di colpire per mettere la freccia e sorpassare a destra. Ford non sbaglia e allunga. Allan invece sbaglia. L’ultimo colpo di tomaia regala agli inglesi un parziale di 19 a 0 che diventa la piattaforma perfetta per gestire 10 punti di vantaggio fino al fischio finale. I bianchi lo fanno mettendo pressione ad un’Italia che non brilla più e che appare stanca e confusa nella gestione del possesso. La meta di Ioane in pieno recupero serve per la classifica. È bella ma sembra figlia della disperazione con la testa inglese già negli spogliatoi e le gambe di Monty ad arare l’out dell’Olimpico ma fuori tempo massimo. Peccato perché dagli ottanta minuti contro l’Inghilterra esce di sicuro un’Italia con una propensione offensiva maggiore. Magari confusa ma capace di inventare trame e soluzioni che possono fare male. Il fattore Q. si è visto in bozza soprattutto nel primo tempo ma c’è tanto ancora da lavorare per dare una dimensione ed una solidità ad una squadra che sorprende come nel primo tempo ma, sul piano dei dettagli, non riesce ad entrare in porto. La partita contro l’Inghilterra entra così a buon diritto nella lista delle occasioni perdute non solo per il risultato, ma per il modo in cui è maturato. Di buono c’è la profondità della base azzurra: il ritrovato Menoncello, Pani, Izekor, Spagnolo che si permette il lusso di scartare in mischia chiusa la prima linea inglese come una caramella. I ragazzi alla corte di Gonzalo sono di alta qualità, ora tocca a lui riuscire a costruire in campo una squadra e un sistema per mettere il naso avanti al triplice fischio finale. Subito non sarà facile visto che in agenda abbiamo l’Irlanda a Dublino tra una settimana e poi la Francia a Lille.
Dalla sconfitta con l’Inghilterra si riparte, magari un ripasso alla moviola, può servire.