Michelle O’Neill è diventata primo ministro dell’Irlanda del Nord. Dopo due anni di stallo politico che ha paralizzato l’Ulster lasciandolo senza governo, la nomina di O’Neill rappresenta un momento storico per le vicende politiche della regione: per la prima volta dalla fine della guerra civile il governo di Belfast è guidato da un’esponente della comunità repubblicana, rappresentante dello Sinn Féin, organo politico dell’Ira. Una prima ministra cattolica alla guida di una regione nata dalla partizione dell’isola nel 1922 per tutelare la maggioranza protestante dell’Ulster. «A tutti voi che siete britannici e unionisti, la vostra identità nazionale, le vostre culture, le vostre tradizioni sono importanti per me», ha dichiarato O’Neill nel discorso di insediamento. «Camminiamo assieme, incontriamoci a metà strada, io lo farò a mano aperta, a cuore aperto».
Una prima ministra di tutte le parti, una dichiarazione di intenti che dovrà passare al vaglio di una realtà sociale e politica estremamente complessa e ancora molto settaria, come dimostrano i molti voi/vostri usati da O’Neill. Ragazza madre a soli 16 anni, figlia di un membro dell’Ira detenuto nelle prigioni inglesi durante la guerra civile, assurta ai massimi livelli dello Sinn Féin dopo anni di gavetta, O’Neill impersonifica il riscatto prima di tutto sociale di una comunità cattolica che per decenni, in Irlanda del Nord, è stata vessata. E se la sua nomina a prima ministra sancisce il completamento di un percorso di emancipazione, dall’altro allarma la comunità protestante che ha visto nel tempo l’erosione irrefrenabile della propria supremazia demografica (i cattolici sono ora la maggioranza della regione), sociale e politica.
L’unità irlandese è a portata di mano, ha commentato a inizio settimana Mary Lou McDonald, leader dello Sinn Féin nella repubblica d’Irlanda. È questo ciò che paventano gli unionisti e i molteplici gruppi paramilitari ancora presenti nella regione, specialmente nell’enclave protestante di Belfast Est. È questo ciò che il Dup, il principale partito unionista, secondo alle elezioni politiche di maggio 2022, ha cercato di contrastare negli ultimi due anni di Aventino, durante i quali si è rifiutato di sedersi allo stesso tavolo e co-governare con lo Sinn Féin, come previsto dagli accordi di pace del Venerdì Santo. Due anni di opposizione intransigente, sorda agli inviti di più parti, in primis il governo di Londra, di porre fine al boicottaggio, un’opposizione dura conclusasi all’inizio di questa settimana con l’annuncio di Jeffrey Donaldson, leader del Dup, del raggiungimento di un accordo con il governo inglese: da un lato 3,3 miliardi di fondi aggiuntivi che Londra verserà nelle casse di Belfast; dall’altro regole semplificate per il commercio di beni in arrivo dalla Gran Bretagna e destinati a rimanere nell’Ulster, senza proseguire per l’Ue.
L’abbattimento del confine de facto tra Belfast e il resto del Regno, introdotto dagli accordi post Brexit che hanno reso più facile per l’Irlanda del Nord commerciare con l’Ue che con Londra, è sempre stato al centro della battaglia politica del Dup che sta cercando di rinforzare il legame economico e politico con il Regno. Ora il boicottaggio è finito, inizia il governo dell’Ira.