Una minaccia in perfetto stile mafioso, quella che Maria Francesca Mariano ha ricevuto nella notte tra gli scorsi giovedì 1 e venerdì 2 febbraio: la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce, infatti, ha rinvenuto proprio dinanzi a casa una testa di capretto insanguinata e infilzata con un coltello da macellaio. Accanto al macabro ritrovamento, inoltre, si trovava anche un inquietante messaggio rivolto all’obiettivo dell’intimidazione: “Così”.
Non c’è dubbio che la destinataria dell’esplicita minaccia fosse proprio Maria Francesca Mariano, costretta da tempo a vivere sotto scorta: tutto è iniziato con delle lettere anonime, a cui ha fatto per l’appunto seguito il grave episodio avvenuto ieri. Stando a quanto riferito da Il Nuovo Quotidiano di Puglia, i resti dell’ovino, presumibilmente derivanti da macellazione, sono stati collocati in cima alle scale e proprio davanti alla porta d’ingresso dell’abitazione della giudice. I responsabili hanno atteso l’oscurità per agire indisturbati, lasciare la testa di capretto e allontanarsi dal posto, facendo perdere le proprie tracce senza essere notati da nessuno.
È stata la stessa giudice a fare la macabra scoperta mentre faceva ritorno a casa, e a segnalare prontamente l’episodio alle forze dell’ordine: sul caso stanno attualmente indagando gli uomini della squadra mobile di Lecce. Informato del caso, il prefetto ha convocato un vertice del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Le intimidazioni nei confronti della gip, ovvero lettere contenenti minacce di morte scritte e consegnate a mano, sono seguite alle indagini antimafia in seguito alle quali si è giunti lo scorso 17 luglio al fermo di ben 22 persone ritenute appartenenti al clan Lamendola-Cantanna, un gruppo che gli inquirenti ritengono affiliato alla Sacra Corona Unita. Ciò nonostante, tuttavia, alcuni esponenti di spicco dell’organizzazione mafiosa avrebbero preso le distanze dal gesto.
La giudice si trova nel mirino dei malavitosi per aver firmato le ordinanze di custodia cautelare in carcere degli indagati, ed è per questo motivo finita sotto scorta, esattamente come il pubblico ministero Carmen Ruggiero, titolare della scomoda inchiesta che si è conclusa con gli arresti.
Divenuta a soli 24 anni il magistrato più giovane d’Italia, la gip da tempo è una dei principali protagonisti della lotta alla criminalità organizzata e quindi anche uno dei bersagli degli stessi malavitosi. Neppure questa consapevolezza, tuttavia, è riuscita a scalfire la sua determinazione: “Diventare magistrato è una scelta che rifarei”, le parole della gip.