L’Italia repubblicana non ha più il suo principe ereditario. La morte di Vittorio Emanuele segna la fine di un’epoca e, probabilmente, della casata dei Savoia. Aveva 86 anni.
A darne notizia è stata la famiglia.”Alle ore 7.05 di questa mattina, 3 Febbraio 2024 – si leggei nella nota ufficiale – Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra. Luogo e data delle esequie saranno comunicati appena possibile”.
L’esilio dei Savoia
Il figlio dell’ultimo re d’Italia, Umberto II, l’8 settembre del ’43, all’età di 6 anni, lascia Roma insieme alla madre Maria José, la “regina rossa” che tentò di far cadere Mussolini, per farvi rientro solo a guerra finita. Una breve parentesi a fronte di quasi 60 anni d’esilio trascorsi in Svizzera dove i Savoia trovano rifugio dopo la sconfitta della monarchia al referendum costituzionale del 2 e 3 giugno ’46.“Noi abbiamo lasciato l’Italia all’armistizio con mia madre e le mie sorelle, ci siamo rifugiati in Svizzera perché Hitler voleva prendermi come ostaggio, e poi siamo tornati per poco, fino al referendum. Quando siamo stati al Quirinale, a corte, comunque era tempo di guerra: c’era il razionamento, ogni tanto qualche bombardamento su Roma. Di notte i corazzieri ci portavano nel rifugio e per noi in realtà allora era un divertimento”, racconterà in un’intervista a Il Giornale. In Svizzera, Vittorio Emanuele lavora come intermediario finanziario per la famiglia Augusta che si occupa della fabbricazione di elicotteri. Il ‘mancato re’, dopo essere stato mantenuto dal padre Umberto con “un appannaggio mensile” di duemila franchi fino ai primi anni dell’università, da un giorno all’altro si ritrova senza ‘paghetta’.“Sono sicuro che non fu mio padre a prendere questa decisione, ma che gli fu suggerita dai soliti cortigiani malevoli. Per timore di perdere il potere acquisito, ora che il principe ereditario cresceva e acquistava consapevolezza, questi cattivi consiglieri cercavano in ogni modo di screditarmi agli occhi di mio padre”, confiderà parecchi anni dopo.
Il matrimonio di Vittorio Emanuele e la contesa sul titolo ereditario
Di sicuro uno dei motivi di attrito con il padre sarà il matrimonio con Marina Doria che Vittorio Emanuele sposa, dopo 13 anni di fidanzamento prima con rito civile a Las Vegas l’11 gennaio 1970 e, poi, con rito religioso a Teheran il 7 ottobre del 1971. Dal loro matrimonio, nel 1972, nasce il figlio Emanuele Filiberto queste ‘nozze’ non autorizzate creano anche un contenzioso legato alla successione dinastica. In base alle norme dell’epoca Vittorio Emanuele, sposando una non-nobile e oltretutto senza il consenso del padre, si sarebbe automaticamente escluso dalla linea ereditaria e pertanto la Consulta dei senatori del Regno, nel 2006 indica in Amedeo di Savoia il successore di re Umberto II nel caso in cui in Italia un domani tornasse la monarchia. Per questo motivo tra Vittorio Emanuele e il cugino Amedeo non è mai corso buon sangue tanto che, nel 2004, i due vengono alle mani durante il matrimonio di Felipe di Spagna. “È terzo nella linea di successione. È nessuno. Rappresenta solo sé stesso”, furono le parole di Vittorio Emanuele pochi giorni dopo la rissa. Sulla questione intervenne anche la regina Maria José che, intervistata dal settimanale Point de Vue, prese le difese del figlio:“Re Umberto non si espresse mai su questa questione di Amedeo, era cosa inesistente. Anzi, nelle ultime settimane di vita era molto vicino al piccolo Emanuele Filiberto che vedeva come continuatore della Dinastia e come possibile Re d’Italia”. Il diretto interessato, invece, precisò i suoi rapporti col padre nel corso di un’intervista al Giornale: “Come ogni genitore, mio padre voleva il meglio per suo figlio. Ma poi si è accorto che Marina era perfetta per me”. E ancora:“Mio padre è stato padrino di mio figlio e gli ha dato anche il titolo di Principe di Venezia, è sempre stato vicino a mia moglie, ci ha fatto bellissimi regali. Non c’è mai stato alcun problema, hanno solo montato tanto fumo intorno. Marina e io andavamo a trovarlo insieme in Portogallo ed è venuto spesso a trovarci a Ginevra”.
Il rientro in Italia di Vittorio Emanuele e suo figlio
Il principe ereditario spese buona parte della sua vita per porre fine al suo esilio, nonostante le molteplici polemiche che lo hanno preceduto. Se nel ’92 Vittorio Emanuele chiede una revisione del Trattato di Osimo, due anni dopo, nel corso di un’intervista tivù, si rifiuta di prestare fedeltà alla Costituzione. “Non voglio rispondere a questa domanda. È una cazzata!”, dirà. Nel ’97 susciteranno molto clamore anche le parole con cui il principe ereditario eviterà di prendere le distanze dalla questione della firma delle leggi razziali da parte di suo nonno. “Non ero neanche nato. E poi, non sono così terribili”, dirà, salvo poi ritrattare pochi giorni dopo. Solo nel ’99 avviene il primo incontro ufficiale tra Vittorio Emanuele e l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga in previsione dell’abolizione della norma costituzionale che sanciva l’esilio. L’anno seguente arriva la svolta: “Sono disposto a giurare fedeltà alla Costituzione della Repubblica anche pubblicamente, se proprio lo devo fare”, dichiara l’erede di casa Savoia. Nel 2002 Vittorio Emanuele accetta la fine della monarchia, ripudia le leggi razziali e, insieme al figlio, giura sulla Costituzione repubblicana rinunciando a qualsiasi pretesa dinastica.
I guai giudiziari di Vittorio Emanuele
Una volta tornato in Italia, per Vittorio Emanuele iniziano una serie di guai giudiziari. Nel 2006, su richiesta del pm Henry John Woodcock, viene arrestato con le accuse di associazione a delinquere, corruzione e sfruttamento della prostituzione nell’ambito di un’indagine sul casinò di Campione d’Italia. “Mi sbatterono in una Punto e mi portarono in cella. Le prove? Solo un anno e mezzo di intercettazioni. Mi hanno rilasciato con tante scuse, ma mi hanno distrutto l’immagine e voglio chiedere i danni”, dirà dopo l’assoluzione da tutte le accuse che arriveranno nel corso degli anni successivi. Tutte inchieste fondate perlopiù sullo strumento delle intercettazioni e che costringono Vittorio Emanuele a trascorrere alcuni giorni in carcere e, poi, agli arresti domiciliari. Nel 2015 otterrà un risarcimento di 40 mila euro che deciderà di devolvere in beneficienza a favore di un ente “specializzato nell’assistenza a questo genere di situazioni di sofferenza e di prova”, ossia gli innocenti.
Durante i giorni di carcere Vittorio Emanuele rimane nuovamente vittima di un’intercettazione che riporta alla luce un tragico evento risalente all’agosto del 1978. In quel periodo il principe ereditario sta trascorrendo le vacanze in uno yacht in Corsica, vicino all’isola di Cavallo dove ingaggia una lite col chirurgo Nicky Pende. Parte un colpo di fucile ma a farne le spese è Dirk Geerd Hamer, uno studente tedesco che sta dormendo in un’imbarcazione vicina. Il giovane viene ferito alla gamba ma, dopo alcune settimane muore. Nel 1991, però, la giustizia francese condanna Vittorio Emanuele per porto abusivo di armi da fuoco a 6 mesi con la condizionale, mentre lo assolve da tutte le altre accuse. A distanza di 15 anni in carcere ammette a un suo compagno di cella di aver di fatto “fregato” i giudici e sostanzialmente di averla fatta franca davanti ai giudici francesi. Il principe ereditario, poi, si giustificherà bollando il contenuto delle intercettazioni come “fandonie”. “Nella gamba di quel ragazzo sfortunato fu trovato un proiettile di P38, io impugnavo una carabina. Non sono chiacchiere, ma fatti. Sono stato assolto in Francia”, dirà. Nell’agosto 2007 Vittorio Emanuele manda in tribunale l’allora direttore di Repubblica, Ezio Mauro, per diffamazione proprio a proposito di un articolo sula tragica sparatoria avvenuta all’isola di Cavallo. L’erede dei Savoia pretendeva il diritto all’oblio sull’argomento ma nel 2017 la Cassazione si pronuncia a favore di Ezio Mauro. L’ultimo affronto per un uomo che aspirava a diventare Re d’Italia e che, dopo aver trascorso anni in esilio, una volta ritornato in Patria, si è ritrovato vittima della giustizia italiana.