Per raggiungere gli obiettivi della direttiva sulla qualità dell’aria Ue e gli standard dell’Oms entro il 2050, andrebbero abbattute solo in Lombardia 250mila vacche da latte e 2,7 milioni di suini, oltre al 17% delle galline e al 31 dei polli. Scenario apocalittico per la prima Regione agro-alimentare che produce il 45% del latte italiano e alleva più del 25% dei bovini e il 50 dei suini. Numeri di una relazione dell’Università degli Studi di Milano presentata in Regione Lombardia che sottolinea come questo non vuol dire «considerare la zootecnia come la principale fonte di inquinamento dell’aria», semmai che «senza un’importante contrazione di questo come degli altri settori produttivi, allo stato attuale delle conoscenze non è possibile raggiungere risultati decisivi». Le riduzioni di animali porterebbero a una diminuzione di oltre il 50% delle emissioni di metano, ma avrebbero un impatto catastrofico sull’economia con l’abbattimento del 47% delle vacche da latte, il 76 degli altri bovini e il 68 dei suini. In Lombardia il valore della produzione agroindustriale nel 2022 era pari a 16,4 miliardi di euro, in crescita del 9,9% sul 2021. Aumento nelle produzioni vegetali e animali, ma in particolare in quelle zootecniche (più 24,1%). La ricerca non indica ovviamente una riduzione di tale portata come soluzione, ma si limita a fornire un quadro. Nello studio emerge anche che, a fronte di una sensibile diminuzione in Italia delle emissioni di gas serra dal settore agricolo, negli ultimi 30 anni in Lombardia il calo è stato solo del 7%. Una situazione dovuta alle dimensioni del comparto regionale che conta 47mila aziende agricole, di cui più di 37mila a carattere familiare o individuale, con 1,5 milioni di bovini, tra cui 500mila vacche da latte, in più di 14mila allevamenti e 4,1 milioni di suini in 2.700 allevamenti. Ma la Lombardia non è rimasta a guardare, presentando a Bruxelles con l’assessore all’Agricoltura Alessandro Beduschi, un documento con proposte per la sostenibilità «superando i limiti dei valori e dei paletti calati dall’alto» che non tengono conto delle realtà territoriali. Fissando parametri uguali per tutti, uniti a target di miglioramenti con misure che premino i risultati, come per esempio sulle acque reflue.
Per Beduschi «all’interno delle istituzioni Ue i processi decisionali hanno individuato nel settore il perfetto colpevole». Con le politiche proposte che vanno nella direzione «di un ritorno alla natura di stampo preindustriale, quasi che l’uomo debba essere spettatore passivo». Insomma, «regolamenti sempre più penalizzanti e follie come certi bandi che remunerano gli agricoltori per abbandonare i campi che accontenterebbero chi vuole aziende e allevamenti chiusi, senza però dirci dove in futuro faremo la spesa e soprattutto quanto pagheremo il cibo».