La Corte di Cassazione, in data 3 luglio 2023, ha condannato, tra gli altri, anche Ilaria Salis per gli scontri violenti che si registrarono nel novembre 2014 in via Ravenna 30, presso il centro sociale il Corvaccio. Come raccontano le cronache dell’epoca, nove persone vennero accompagnate in questura per il riconoscimento, tre vennero arrestate e quattro denunciate. La Cassazione, si legge, ha condannato a titolo di concorso morale, Ilaria Salis “per il reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata“.
Le Lega, con una nota, ha auspicato “che Ilaria venga assolta rapidamente da tutte le accuse, a differenza di quanto è avvenuto in altra vicenda chiusasi con sentenza di condanna confermata in Cassazione il 3 luglio 2023“. Come viene spiegato nella sentenza di Cassazione, Salis e un’altra ragazza che aveva partecipato agli eventi del novembre 2014, erano state ritenute responsabili dalla Corte d’appello per “concorso morale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata” per le barricate di via Ravenna. Le due avevano opposto ricorso, che secondo la Cassazione era inammissibile, perché “avevano intonato cori ostili, posizionato per la strada sacchi di spazzatura e bidoni, insultato i poliziotti, lanciato al loro indirizzo l’immondizia con frasi oltraggiose (‘mangiate’ o ‘giusto nella monnezza potete stare’) così rafforzando il proposito criminoso degli autori materiali della resistenza e apportando un proprio personale e significativo contributo“.
Ma non solo, perché i giudici sottolineano come a queste condotte, ne erano seguite anche altre, “con la realizzazione di diverse barricate che, via via, venivano costituite, proprio con l’avanzare delle forze dell’ordine, ed in cui i manifestanti lanciavano oggetti vari verso gli operanti e davano fuoco a spazzatura e cassonetti“. Alla luce di queste contestazioni, spiega la Cassazione, “è di tutta evidenza che il comportamento tenuto da Salis e Vita, a prescindere dall’individuazione della specifica barricata a cui avevano partecipato e dai singoli fotogrammi menzionati dai giudici di merito, è stato correttamente qualificato come concorso morale rispetto alla violenza e resistenza attiva“. La Corte di Cassazione, in quell’occasione, ha condannato Salis e gli altri al pagamento delle spese processuali e di una somma pari a 3mila euro.