La premiata ditta Hamas, con la sua lotteria degli ostaggi da liberare, un po’ per volta, vite salve, vite ancora in bilico, lei sì, lui no, quello forse, sta giocando con l’amore e l’umore di un’intera nazione. Le storie si intrecciano, come in uno Squid Games in carne, ossa e cuore.
Tra i salvati c’è Abigail Mor Edan, la bambina israelo-americana che ha compiuto quattro anni pochi giorni fa, e che ha festeggiato senza i suoi genitori, come dovrà fare per tutto il resto della sua piccola vita: loro sono stati uccisi negli attacchi di Hamas il 7 ottobre. Ma ieri è stato il giorno del sollievo. «Abigail oggi è libera – ha detto il presidente statunitense Joe Biden – è al sicuro in Israele, con le persone che la circonderanno d’amore perché il terribile trauma che ha sopportato è impensabile». Ad aspettarla a casa, i fratellini Michael, 9 anni, e Amalia di 6, erano scampati al rapimento acquattandosi dentro un armadio. E il dolente nonno Carmel: «La nostra tristezza è cronica, non guarirà mai».
Libera è anche Hila Rotem, 13 anni, ma il suo è un sorriso a mezza bocca, perché la madre Raya è rimasta nella mani dei rapitori. La ragazzina è stata accolta dallo zio e ora dovrà tornare a contare i giorni, le ore e i minuti per riabbracciare la mamma, con cui, ha raccontato, è stata per quasi tutta la lunga prigionia. «Hamas ci ha divise due giorni prima della liberazione. Hamas ha detto che c’era un cessate il fuoco e che ci liberavano». I terroristi palestinesi negano di aver tradito l’accordo, sostenendo di non riuscire a trovare la donna, ciò che sembra strano se è vero che fino a venerdì era con Hila.
Non è la sola, la povera Hila. Tra gli orfani «bianchi» vanno annoverati anche Noam e Alma Or, 17 anni lui, 13 anni lei, rilasciati sabato sera. Mamma Yonat è stata ammazzata nel sabato di sangue durante l’assalto al kibbutz Be’eri, mentre il padre Dror è rimasto in ostaggio a Gaza, assieme al nipote diciottenne Liam. Non sono stati separati invece Hagar Brodetz, una madre di 40 anni, liberata ieri con i figli Ofri, Yuval e Oriya di 10, 8 e 4 anni. Tutti e quattro potranno riabbracciare Avihai Brodutch, marito e papà, che il 7 ottobre era uscito di casa per difendere il kibbutz sotto attacco e al suo ritorno, ferito e furioso, non aveva trovato nessuno ad accoglierlo.
Separati invece i coniugi Adrienne Aviva Siegel e il marito Keith. Lei, 62 anni, ha pescato il biglietto fortunato, lui, 64 anni, resta nelle mani dei miliziani. Ed Elma Avraham, 84 anni, gravemente ammalata, è stata portata in elicottero in un ospedale del Negev. Non avrà i suoi figli vicini, ancora ostaggi. Libera da eroina Adina Moshe, 72 anni, portata via il 7 ottobre a bordo di un ciclomotore, seduta tra i rapitori, col sorriso placido di chi è dalla parte della ragione, della pazienza, dell’attesa. Così serena da chiedere che semmai al posto suo fosse liberata qualche donna più anziana e ammalata.
La storia più assurda probabilmente è quella di Emily Hand, nove anni compiuti anche lei durante la prigionia. Pochi giorno dopo il 7 ottobre era stata data per morta e il padre aveva esultato: «Poteva essere morta o a Gaza. E se sai qualcosa su quello che fanno alle persone a Gaza, sai che è peggio della morte». Ma crediamo che sia comunque felice di come è andata a finire…