Niente lunedì nero: il ministro Matteo Salvini vuole impedire che il Paese si blocchi. Sì, perché le sigle sindacali di base hanno proclamato un ulteriore sciopero. Il giorno scelto è il 27 novembre. E Usb, Cub Trasporti, Cobas Lavoro Privato, Adl Cobas, Al Cobas e Sgb vorrebbero che la durata della mobilitazione fosse di 24 ore. Questa volta lo sciopero interessa soltanto il trasporto pubblico locale, e cioè tram, metropolitane, bus e così via. Non solo: possibili disagi sono previsti anche per il trasporto ferroviario locale e regionale, oltre che per le autostrade milanesi.
Il vicepremier ha convocato per oggi alle 12 i sindacati presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Lo scopo dell’incontro è chiaro: pretendere la riduzione dell’orario della mobilitazione. La precettazione è dietro l’angolo. «Il diritto allo sciopero è sacrosanto e previsto dalla Costituzione – ha fatto presente ieri il segretario del Carroccio -, però anche il diritto al lavoro di milioni di italiani è previsto dalla Costituzione. Se vuoi scioperare per alcune ore va bene, ma se vuoi fermare l’Italia per 24 ore di fila da Nord a Sud farò tutto quello che è in mio potere per evitare che il Paese si blocchi». Poi il vicepremier ha anche citato i due giorni in cui i sindacati preferiscono indire mobilitazioni: lunedì e venerdì. Occasioni che allungano i week-end e che complicano, e non di poco, rientri e partenze dei pendolari italiani. Salvini adotterà la medesima strategia utilizzata qualche giorno fa con la Cgil e la Uil. Ormai la precettazione in caso di mancata disponibilità al dialogo da parte dei sindacati è una prassi consolidata, almeno di questa gestione.
Anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ieri in Senato per il premier time, ha posto un accento sulla cadenza degli scioperi. «Prima avevamo una mobilitazione abbastanza contenuta, mediamente uno sciopero ogni due anni, mentre ora se ne fanno due all’anno», ha detto la premier. E questo nonostante i risultati ottenuti dal governo sul miglioramento salariale di molti lavoratori.
E pure quella di oggi, guarda caso proprio un venerdì, è una giornata contrassegnata da braccia incrociate. Nell’ambito di quello che Cgil e Uil hanno definito «sciopero generale» ma che generale non è, tocca ai lavoratori dei settori privati del Nord Italia potersi fermare. Il sindacato guidato da Landini e quello capeggiato da Bombardieri hanno convocato 40 manifestazioni tra Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Lombardia, Val d’Aosta, Veneto e Trentino Alto Adige. E la piazze principali saranno quelle di Torino e Brescia, dove si svolgeranno due cortei alla presenza dei segretari. Intanto va in scena uno scontro a distanza tra Giorgia Meloni e Maurizio Landini (nel tondo). La premier, a sorpresa, annuncia la convocazione delle parti sociali per oggi a Palazzo Chigi, all’ordine del giorno la manovra. Cgil e Uil si infuriano per la «mancanza di rispetto per i lavoratori in sciopero», e declinano l’invito chiedendone il rinvio: «Io il dono dell’ubiquità non lo ho, non riesco fisicamente ad esserci – dice Landini, atteso domattina in piazza a Torino – e noi non abbiamo neanche la possibilità di fermare treni o aerei: dobbiamo rispettare le regole». A sera il governo annuncia di aver rinviato l’incontro, su richiesta dei sindacati, a martedì prossimo. Intanto il capo Cgil tuona contro le precettazioni dello scorso 17 novembre: «Logica autoritaria e pericolosa – dice durante il confronto con Bonomi su Sky Tg24 – è un attacco al diritto di sciopero e alla democrazia, al diritto delle persone di partecipare, è messa in discussione la libertà dei cittadini».