Un uomo ha portato da casa granate con propulsione a razzo. Un altro, insieme al figlio, avrebbe rapito una donna israeliana. Un altro ancora avrebbe portato a Gaza il cadavere di un soldato e distribuito munizioni ai miliziani. Altri due sono accusati di aver assaltato il kibbutz di Beeri e di aver partecipato all’attacco a Reim. Sospetti, accuse, polemiche, smentite e ora un dossier dettagliato che mette all’angolo l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, nel mirino per la sua presunta connivenza con i terroristi di Hamas. Dodici dipendenti sono accusati direttamente di aver preso parte all’attacco del 7 ottobre ma c’è di più: circa 190 membri dell’agenzia sarebbero militanti di Hamas o della Jihad islamica mentre 1.200 dei circa 12mila totali avrebbero in qualche modo legami con i terroristi.
Un report choc, firmato Israele, che getta discredito su un organizzazione già da tempo nel mirino. Insieme all’enorme e indiscutibile lavoro per i profughi e gli ultimi della Striscia di Gaza, a cui fornisce assistenza alimentare, sanitaria e scolastica, non può esserci spazio per contiguità o connivenze. Un dossier che si somma all’accusa di un ex ostaggio, che ha raccontato di essere stato trattenuto per 50 giorni nella soffitta della casa di un insegnante dell’Unrwa, e il fatto che diversi membri dell’organizzazione, almeno 14 quelli individuati senza dubbi, abbiano esplicitamente celebrato sui social gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Il New York Times scrive che grazie alle linee dei cellulari, l’intelligence israeliana sarebbe stata in grado di ricostruire i movimenti di sei uomini dentro Israele e di averne intercettati altri mentre discutevano del loro coinvolgimento nell’attacco, sette dei quali sarebbero insegnanti, di inglese e arabo.
Accuse pesanti, forse di parte ma comunque ritenute attendibili dato che undici Paesi – tra cui l’Italia – hanno deciso di bloccare i finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite che, subito dopo la notizia, ha preso la decisione di licenziare e aprire un’investigazione nei confronti dei dodici uomini accusati di complicità, due dei quali sarebbero morti. Non si tratta di cifre marginali. Secondo le stime infatti, l’Unrwa ha gestito fondi, frutto di donazioni, per oltre 40 miliardi negli ultimi 30 anni. Tanti soldi. E sospetti pesanti. Da eliminare, così come le mele marce che a quanto pare non sono poche. Perché quando si fa del bene, in una situazione così complessa, per giunta in uno scenario di guerra drammatico non può e non deve esserci nessuno spazio per l’ambiguità.