Dopo la sentenza di 20 anni di reclusione della corte d’Assise d’Appello dello scorso 19 gennaio, oggi Walter Biot è stato condannato a 29 anni e 2 mesi nel processo di secondo grado davanti al Tribunale Militare. Accusato di aver venduto ad un funzionario del governo russo, per 5 mila euro, notizie coperte da segreto militare, l’ex ufficiale a capitano di fregata in primo grado era stato condannato a 30 anni. In totale, quasi mezzo secolo di galera.
Al termine di una camera di consiglio durata quasi cinque ore, il collegio di magistrati militari, presieduto da Eugenio Rossi, ha confermato l’intero impianto accusatorio, esposto nella requisitoria dal sostituto procuratore generale Vincenzo Ferrante che aveva chiesto la conferma della condanna a 30 anni emessa in primo grado. Presente in aula, Walter Biot è stato condannato per i reati di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all’estero di notizie non segrete né riservate.
Walter Biot venne arrestato in flagranza di reato dai carabinieri del Ros nel marzo 2021 nel parcheggio di un supermercato nel quartiere di Spinaceto, a Roma. L’uomo venne pizzicato a fotografare con il cellulare una schermata di un pc e documenti riservati e top secret (legati al terrorismo islamico ma non solo) poi riposti in una borsa e consegnati al già citato agente russo del Gru. Biot attualmente è detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, ma non ha intenzione di mollare, è già pronto il ricorso in Cassazione:“Due processi per lo stesso reato, senza che alla difesa e all’imputato fossero messe a disposizione le fonti di prova, in violazione all’articolo 111 della nostra Costituzione, che regola il giusto processo dove è previsto il contraddittorio tra le parti in condizioni di parità”, commenta l’avvocato Roberto De Vita.
Il legale dell’ex ufficiale della Marina ha denunciato il fatto di non essere mai entrato in possesso degli atti istruttori secondo i quali è stato condannato: “Non c’è stata mai data la possibilità di fare verifiche sui dispositivi informatici. La ragion di Stato in un dato momento storico deve affermare che ci sia la necessità di condannare Biot lo stato di diritto dovrà aspettare”.