Alla fine il sospetto ha trovato conferma. Funzionari dell’esercito e dell’intelligence di Israele si sono interrogati a lungo sulla provenienza degli armamenti usati da Hamas per compiere la strage del 7 ottobre e per combattere contro lo Stato ebraico nella guerra in corso nella Striscia di Gaza. Impressionante era stata la potenza di fuoco scatenata dai fedayn nel sabato di sangue. I 5mila razzi lanciati dal territorio palestinese avevano travolto l’Iron Dome arrivando a colpire persino una base militare nella quale sono conservati missili con capacità nucleari. Adesso, rivela il New York Times, gli 007 di Tel Aviv hanno scoperto che i miliziani hanno costruito un micidiale arsenale utilizzando migliaia di munizioni inesplose sganciate contro di loro proprio dall’Idf.
L’analisi dei video e i resti di artiglieria ritrovati in Israele dopo gli attacchi terroristici hanno permesso di accertare che il proxy di Teheran non ha infatti adoperato solo armi iraniane e nordcoreane. In particolare, proverrebbero dall’esercito dello Stato ebraico munizioni anticarro, testate Rpg, granate termobariche, dispositivi improvvisati e gli esplosivi necessari per la costruzione dei razzi. Gli esperti ritengono che in genere circa il 10% delle munizioni non esploda ma questa percentuale potrebbe arrivare al 15% nel caso di Israele il cui arsenale comprende anche missili risalenti alla guerra del Vietnam, abbandonati dagli Stati Uniti e da altri Paesi. Il quotidiano americano riporta che una bomba inesplosa da oltre 300 chili può essere trasformata in centinaia di missili e razzi.
L’intelligence dello Stato ebraico ha ritenuto quindi per anni erroneamente che Hamas avesse fatto ricorso soprattutto alla metro di Gaza, la complessa rete di cunicoli sotto la Striscia, per procurarsi materiale bellico. Quanto appena scoperto mostra però l’inefficacia del blocco imposto da Tel Aviv a seguito dell’arrivo al potere dei miliziani nel 2007.
Gli israeliani non erano del tutto all’oscuro che una parte delle loro armi poteva essere finita nelle mani di Hamas ma l’effettiva dimensione del problema sarebbe venuta a galla solo di recente. Oltretutto, gli islamisti sarebbero riusciti a rubare migliaia di munizioni e centinaia di pistole e granate da basi militari scarsamente sorvegliate trasferendole in Cisgiordania o, attraverso il Sinai, a Gaza.
Uno dei terroristi del 7 ottobre aveva una granata appesa alla cintura su cui era visibile una scritta in ebraico e l’analisi dell’esplosivo ritrovato in un razzo lanciato da Hamas ha dimostrato che esso proveniva da un missile sganciato dall’Idf in una precedente guerra. “Stiamo alimentando i nostri nemici con le nostre stesse armi”, si legge in un rapporto militare israeliano redatto all’inizio dello scorso anno e visionato dal New York Times. Ancora più preoccupante il monito di Charles Birch, capo dell’agenzia Onu Mine Action Service a Gaza, il quale afferma che “dopo questa guerra rimarranno decine di migliaia di pezzi di artiglieria inesplosa” aggiungendo come questi armamenti siano “un regalo ad Hamas“.