I matrimoni falliscono e, oltre a riverberarsi sulle questioni affettive, la fine di un rapporto ha anche conseguenze di ordine pratico. La legge, anche in fase di separazione, si pone lo scrupolo di tutelare la persona meno solida dal punto di vista economico e questo apre una prospettiva diversa quando questa è senza reddito.
I criteri per stabilire il mantenimento sono diversi e il giudice assume decisioni anche sulla scorta delle prove che gli vengono sottoposte dalle parti.
Per entrare nel dettaglio della questione, è opportuno partire dal concetto di assegno di mantenimento.
L’assegno di separazione e quello divorzile
Separazione e divorzio non sono la medesima cosa e, allo stesso modo, l’assegno di mantenimento che viene riconosciuto a un coniuge durante la procedura di separazione non ha la stessa funzione dell’assegno divorzile, ossia quello che interviene quando gli effetti del matrimonio sono del tutto sciolti. Ciò comporta che variano anche gli elementi presi in considerazione per stabilire l’ammontare degli assegni.
L’assegno di mantenimento è una misura per tutelare il coniuge che ha il reddito più basso, soprattutto se non gli garantisce l’autosufficienza. Non è però un requisito che, da solo, può indurre il giudice a decidere.
Infatti, al giudice spetta il compito di valutare tutte le prove che le parti adducono al fine di verificare se la disparità di reddito tra coniugi è dovuta a una scelta condivisa durante il matrimonio.
Quali logiche segue il giudice per determinare l’assegno
La linea di pensiero è fondamentalmente semplice. Il giudice tiene conto delle esigenze del coniuge economicamente più debole ma passandole sotto il filtro della colpa. Così, per esempio, un coniuge può avere rinunciato a una carriera professionale per concentrarsi sulla famiglia di comune accordo con l’altro coniuge. In questo caso non si può ravvisare una colpa.
Altro paio di maniche sarebbe se uno dei coniugi ha subito pressioni dall’altro per preferire la gestione della famiglia a discapito del proprio lavoro.
Inoltre, il giudice tiene conto dell’età del coniuge che chiede l’assegno di mantenimento poiché – in principio almeno – più è giovane e maggiori possibilità ci sono che possa rientrare nel mondo del lavoro.
L’assegno divorzile, al contrario, non ha come obiettivo primo quello di fare sì che il coniuge economicamente più debole mantenga lo stile di vita che aveva durante il matrimonio ma, più semplicemente, di permettergli la sussistenza.
Gli interventi della Cassazione
Sono diversi gli interventi con cui la Cassazione ha perfezionato il lavoro dei giudici. Con la sentenza 11504/2017, la massima istanza ha stabilito che l’assegno divorzile non deve tenere conto del tenore di vita degli ex coniugi durante il matrimonio ma soltanto la natura assistenziale dell’assegno stesso, che può essere riconosciuto solo se il coniuge economicamente più debole si trova in condizione di disagio involontario e non ha ragionevolmente modo di raggiungere l’indipendenza economica.
Successivamente, con sentenza 18287/2018, la Cassazione ha stabilito che il giudice deve tenere conto anche della funzione risarcitoria dell’assegno divorzile, un contributo per i sacrifici fatti durante l’unione matrimoniale.
L’importo del mantenimento
Alla luce degli interventi della Cassazione, la situazione rischia di rivelarsi un po’ intricata. In sintesi, il giudice tiene conto dell’età e dello stato di salute del coniuge economicamente più debole, della durata dell’unione coniugale e dei motivi per i quali ha sacrificato la propria carriera professionale e di ritrovarsi senza reddito.
La durata del matrimonio diventa quindi importante per determinare quanto lavoro casalingo ha fornito il coniuge senza reddito. È impossibile fare dei calcoli perché le variabili di cui il giudice deve tenere conto sono diverse, così come sono diverse le prove che le parti possono presentare durante le procedure di separazione prima e di divorzio poi.
In caso di divorzio, in particolare, il giudice è chiamato a valutare anche i redditi immobiliari e patrimoniali dell’ex coniuge.
Ci sono, a vantaggio di entrambi i coniugi, misure per tutelare i propri interessi in caso di divorzio.