Rambo III, quando Stallone licenziò tutti per vanità personale

Rambo III, quando Stallone licenziò tutti per vanità personale

Al pari di quella di Rocky, la saga dedicata a Rambo è un prodotto d’intrattenimento che ha saputo trasformarsi in qualcosa di iconico e indimenticabile, qualcosa che continua a far parlare di sé nonostante siano passati più di trent’anni dalla data di uscita. Stasera in tv va in onda Rambo III, film del 1988, trasmesso stasera (venerdì 26 gennaio) alle 21.16 su Italia 1.

Rambo III, la trama

John Rambo (Sylvester Stallone) sembra aver deciso di chiudere definitavamente con le guerre e la violenza. Le cicatrici che ha nel corpo e nell’anima sono diventate troppe, così come gli incubi legati a tutto quello che ha fatto e che gli è successo. Proprio per cercare di ritrovare un po’ di serenità, il veterano di guerra si è ritirato in un tempio buddhista, nel cuore della Thailandia, dove spera di trovare un po’ di pace. A trovarlo, però, è il colonnello Sam Trautman (Richard Crenna), che chiede il suo aiuto per una missione in Afghanistan, per liberare i Mujahedeen dall’invasione delle forze sovietiche. Rambo, però, non vuole tornare in quel mondo di sangue e brutalità e rifiuta l’offerta. Poco tempo dopo, però, l’uomo sarà costretto a rividere le sue convinzioni quando viene raggiunto dalla notizia che Trautman è stato rapito e viene tenuto prigioniero dal sadico colonnello russo Zaysen (Marc de Jonge). Con l’aiuto di un trafficante d’armi (Sasson Gabai) e di un ribelle afgano (Doudi Shoua), Rambo farà di tutto per infiltrarsi tra l’esercito sovietico e liberare così il suo amico prima che sia troppo tardi.

La vanità di Sylvester Stallone

Quando si ha a che fare con film di successo che sono riusciti a diventare dei cult e a sconfiggere l’oblio portato dal passare del tempo, si tende sempre a sottostimare la produzione dietro un tale prodotto. È come se, nell’immaginario collettivo, quando un film ha successo, fosse nato così, già pronto per essere servito al grande pubblico, senza problemi o ostacoli lungo il cammino. Rambo III, al contrario, è stato pieno di problemi durante la produzione e la fase di riprese. Ad esempio, l’attore principale, Sylvester Stallone, ha rischiato seriamente di essere decapitato durante la famosa scena dell’elicottero. L’attore, che si è trovato estremamente vicino a una delle eliche dell’elicottero, ha poi ricordato con ScreenRant l’accaduto, dicendo: “se fosse successo, almeno avrei risparmiato una fortuna sul taglio dei capelli.” Ma ci furono problemi ben più seri. Come si evince dal dietro le quinte raccontato dal Los Angeles Times dell’epoca, le prime due settimane della produzione furono un vero e proprio incubo, che portò al licenziamento di moltissimi membri della troupe tecnica.

Secondo Stallone, sul set c’era un’atmosfera caotica, che non avrebbe potuto portare da nessuna parte. Il primo ad essere licenziato fu il direttore della fotografia, Ric Waite, che venne sostituito da P. David Gurfinkel, che aveva già lavorato con Stallone nel film Over the top. Venne poi licenziato anche il regista Russell Mulcahy, ufficialmente per divergenze artistiche che non vennero chiarite o specificate al pubblico o alla critica, nonostante il montaggio finale conservi alcune scene che erano state dirette proprio dal regista cacciato. In un’intervista del 2008 riportata dal sito dell’Internet Movie Data Base, Stallone spiegò che il licenziamento del regista fu dovuto alla sua incapacità di assumere degli attori e delle comparse che fossero abbastanza virili e intimidatori per essere credibili come nemici di Rambo.

Questa incapacità del regista, da parte di Stallone, era un problema grave, anche perché dimostrava che Mulcahy non si rendeva conto di quello che avveniva sul set o di quanto poco verosimile sembrasse il tutto. Peter MacDonald, che era a capo della seconda unità registica e venne scelto per diventare regista dopo l’abbandono di Mulcahy, ricorda le cose in modo diverso. La stessa fonte riporta una sua dichiarazione in cui spiegava: “Sly camminava sul set e ha cominciato a puntare il dito contro i ragazzi dicendo: ‘Non vanno bene’. E io ho improvvisamente realizzato che tutti quelli che venivano indicati erano tutti più alti di un metro e settantacinque. In altre parole, Stallone indicava chiunque fosse più alto di lui.” Questo vorrebbe dire che Sylvester Stallone avrebbe lasciato che la sua vanità personale rovinasse il clima delle riprese e portasse a dei ritardi legati ai vari licenziamenti. Stallone voleva di fatto apparire come il più alto e il più grosso, un vero e proprio eroe del cinema d’azione, ed è lecito presumere che non voleva apparire sullo schermo mentre guardava dal basso un nemico che era molto più alto di lui.

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