Fassbender fa un gol in fuorigioco

Fassbender fa un gol in fuorigioco

Una partita di calcio finita 31 a 0, Australia contro Isole Samoa Americane alle qualificazioni dei Mondiali del 2002, la peggior sconfitta della storia di una nazionale di calcio. Ora questo incredibile evento è diventato un film, Chi segna vince, nelle sale italiane, diretto dal neozelandese Taika Waititi e interpretato da Michael Fassbender che veste i panni di Thomas Rongen, l’allenatore statunitense che cercò di risollevare le sorti di quella terribile squadra. Il film racconta il percorso del team che per dieci anni rimase in fondo alla classifica internazionale di calcio sino a che, nel 2011, Rongen, esonerato dalla nazionale statunitense Under 20 e a corto di altri ingaggi, accettò l’incarico nel lontanissimo arcipelago. Con il lavoro e il tempo riuscì a fare in modo che la nazionale samoana non fosse più all’ultimo posto della classifica mondiale, anche se non la condusse ai Mondiali del 2014.

«Amo il calcio ma non sono un fanatico – dice Michael Fassbender, le cui origini germano-irlandesi spiegano l’attrazione verso il calcio – sono un fan del Liverpool, ogni tanto guardo una partita anche se non tutte le settimane, ma sono un giocatore terribile». L’attore spiega che ad attrarlo è stata soprattutto la presenza di Taika Waititi (l’autore di JoJo Rabbit) alla regia e «il lato umano, più che quello sportivo, di questo racconto». Fassbender è partito dal documentario su questa storia. «L’ho visto e non credevo ai miei occhi. L’obbiettivo sul set era di renderla edificante e divertente. Ci siamo molto divertiti a girarlo. È una cosa che Taika Waititi riesce a fare molto bene: creare un’atmosfera divertente che rende divertente anche il prodotto finale».

L’attore dice di non essersi ispirato ad un allenatore specifico: «Nemmeno allo stesso Rongen. Ho guardato molti filmati di manager che perdevano il controllo sul bordo campo. È una sorta di sintesi di molti allenatori». È anche una storia molto simile a quella raccontata nella serie televisiva di successo su Apple Tv Ted Lasso, che racconta di un allenatore di football americano assunto per allenare una squadra inglese di soccer. «Sì, ci sono parecchie affinità, ma ho cercato di allontanarmi da Lasso. Intanto questa è una vicenda reale, è una storia simile ma non uguale e non volevo creare doppioni».

Fassbender ha iniziato a recitare a 17 anni, grazie a un corso organizzato al liceo. «Un anno dopo già sapevo che avrei voluto fare quello nella vita». Il debutto è stato con uno spettacolo teatrale in cui dirigeva sé stesso e i compagni. «Era una versione on stage delle Iene di Tarantino. Non sapevo che cosa stavo facendo, ma è stato il modo migliore per imparare. Anni dopo, sul set di Bastardi senza gloria (dove interpretava l’ufficiale tedesco Archie Hicox, ndr), l’ho raccontato a Tarantino, gli ho detto che abbiamo devoluto l’incasso in beneficenza e la sua risposta è stata: Bene, non voglio che la gente faccia soldi con la mia merda. Tipico di Tarantino». Essere diretti dal quale, come conferma Fassbender, è un’esperienza importante: «Io amo riposare fra una scena e l’altra. Dove e quando posso mi sistemo comodo da qualche parte e chiudo gli occhi. Tarantino non ama l’ozio e ogni volta che poteva mi fotografava mentre facevo uno di quei miei pisolini. Aveva creato sul set un intero muro della vergogna con le foto mie e di altri come me, colti nell’atto di riposare».

Ora l’attore è anche su Netflix con The Killer, diretto da David Fincher, presentato lo scorso settembre a Venezia e basato sull’omonimo fumetto. «Il difficile dell’entrare nella parte di un assassino a contratto è stato cercare di capire la mente di un sociopatico». L’attore ha passato dieci settimane a fare ricerche e allenamenti prima di girare il film, e ha imparato l’arte di assemblare un fucile automatico in pochi secondi. D’altronde Fassbender è sempre stato molto attento alla preparazione dei suoi ruoli, per Hunger, di Steve McQueen, uscito nel 2008, uno dei suoi primi ruoli da protagonista, perse 58 chili: «Mangiai per due mesi solo sardine, noci e frutti di bosco. Il medico mi prescrisse una dieta da 1000 calorie al giorno, ma non perdevo abbastanza peso, così la ridussi a 600. Attendevo le sette di sera per mangiare quella unica scatola di sardine giornaliera. A volte non ci arrivavo, a volte mangiavo alle 18,30. Era un rito, mi gustavo ogni granello di sale, ogni goccia d’olio sull’acciuga».

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