Che Nicola Lecca fosse una bella promessa era stato certificato, nel lontano 1999, da tre pesi massimi come Giovanni Raboni, Mario Rigoni Stern e Sergio Maldini, i quali avevano speso parole lusinghiere per la sua opera d’esordio, Concerti senza orchestra (Marsilio), finalista del premio Strega. Più avanti, a soli ventisette anni, Lecca avrebbe ricevuto il premio Hemingway per la letteratura.
Ha continuato così, distillando un libro ogni tre-quattro anni, con l’ostinazione tipica dei sardi, limando la sua scrittura fulgente e a tratti un po’ funerea, alla costante ricerca della parola perfetta, secondo un ideale letterario che non pare riduttivo definire d’altri tempi. Alti e meno alti, certo, ma sempre prodotti confezionati da un vero, grande artigiano che andava via via affinando la propria tecnica, fino a trovare una inconfondibile cifra stilistica.
Così, con ormai alle spalle una lunga carriera – le sue opere sono state tradotte in tutto il mondo – Lecca si concede un romanzo che è, insieme, sfogo e divertissement. Si tratta dell’ultima fatica: Scrittori al veleno. Mistero alle Cinque Terre (Mondadori, pagg. 198, euro 18,50).
Noir ambientato in Liguria, la prima volta per l’autore. Come in un giallo di Agatha Christie, quattro giovani scrittori sono morti avvelenati da un risotto all’amanita phalloides, che la cinquantenne collega sarda Antonina Pistuddi avrebbe cucinato per loro. D’obbligo il condizionale perché le circostanze dei decessi non sono chiare, né le eventuali responsabilità. L’accusata e le vittime sono ospiti tutti a «Villa Solitudine», centro internazionale a tutela della poesia e della letteratura, collocato in cima alla più alta scogliera di Manarola, nelle Cinque Terre, dove in passato, dietro invito degli organizzatori e sulla base di una selezione rigidamente meritocratica, si è riunito il Gotha della Patrie lettere. Oggi però i tempi sono cambiati. Più che scrittori, le case editrici cercano influencer…
A conferma di ciò, Lecca mette in scena in diretta, sugli schermi della Bbc, un terribile processo contro la piccola, tenace scrittrice sarda. La quale è l’unica, tra gli ospiti di «Villa Solitudine» che possa realmente fregiarsi del titolo di scrittore e non esiterà a denunciare le magagne dei suoi falsi colleghi (libri scritti da ghost writer, tossicodipendenze…). Insomma, Nicola non lo sapeva quando l’ha scritto, ma il suo romanzo profuma di pandoro…