Il governo assiste i più poveri. Mille euro per gli “over 80”

Il governo assiste i più poveri. Mille euro per gli "over 80"

«La stagione dei soldi gettati al vento è finita». I provvedimenti varati ieri dal governo sintetizzano perfettamente lo spirito delle recenti dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma soprattutto sono una replica alle accuse dell’opposizione circa una presunta ostilità ai ceti più svantaggiati.

Il decreto legislativo Politiche per gli anziani, infatti, stanzia complessivamente oltre un miliardo di euro per il biennio 2025-2026. Queste risorse consentiranno di aggiungere all’indennità di accompagnamento e una quota integrativa definita «assegno di assistenza» pari a 1.000 euro al mese. L’assegno passerà così da 531 a 1.380 euro. La somma servirà a remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza svolto da lavoratori domestici o l’acquisto di servizi di caregiving da imprese qualificate. Alla prestazione potranno accedere gli over 80 con bisogno assistenziale gravissimo e con un Isee inferiore a 6mila euro. La platea stimata è di 25mila persone, si apprende da fonti ministeriali, e la spesa dovrebbe aggirarsi sui 300 milioni. «Una riforma che l’Italia aspettava da più di 20 anni, una tappa di un percorso che andrà avanti per tutta la legislatura», ha commentato la premier.

Presentando il decreto, il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha anche annunciato che da oggi partirà l’erogazione dell’assegno di inclusione, la prestazione che sostituisce il reddito di cittadinanza (insieme al «supporto formazione e lavoro»), ricordando che «rispetto alla platea dei potenziali percettori dell’assegno di inclusione, 737mila persone, abbiamo acquisito 651mila domande» e che «i 450mila nuclei famigliari che hanno presentato la domanda il 7 gennaio» da oggi «potranno ritirare la carta, l’importo medio erogato sarà di 645 euro per nucleo». Le domande sono sottoposte a uno scrupoloso «controllo preventivo» per evitare le frodi ex ante. «Non è una questione di risorse, il nostro obiettivo non è risparmiare ma spendere bene», ha concluso.

Insomma, le accuse di Pd e M5s possono considerarsi pretestuose. Includendo in un discorso più ampio il taglio del cuneo e la riforma Irpef, i redditi più deboli sono tutelati, mentre si cerca di evitare che i «furbetti» abbiano il sopravvento su chi necessita di tutele, a partire proprio dagli anziani. Al contrario, il controllo sulla spesa è più stringente quando questa è finalizzata a ottenere solo consenso e non a perseguire reali benefici dal punto di vista sociale. È il caso delle pensioni: le uscite anticipate senza motivazioni di urgenza non sono più sostenibili in un Paese in cui la piramide demografica si sta rovesciando e in cui lavorare più a lungo per godere l’assegno pieno è il modo giusto per assicurare a ognuno i propri diritti.

Ieri l’Inps ha certificato che le nuove politiche, a partire da Quota 103, stanno funzionando. Le pensioni con decorrenza 2023 sono state circa 765mila, per un importo medio di 1.140 euro mensili, mentre quelle con decorrenza 2022 sono state 866mila per un importo medio di 1.135 euro. Il dato rilevante è la stabilità delle nuove pensioni di vecchiaia (intorno a quota 300mila) a fronte di una calo delle anticipate (218mila nel 2023 contro le 260mila dell’anno precedente). Insomma, la gente si sta convincendo a rimanere al lavoro, ove possibile.

Un’ultima annotazione non può non riguardare le politiche fiscali. Ieri il Consiglio dei ministri ha varato due decreti attuativi della riforma. Il primo riguarda il concordato preventivo biennale che, come ha spiegato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, «interessa oltre 4 milioni di contribuenti (2,4 milioni di soggetti Isa e 1,7 milioni di forfettari)». A costoro l’Agenzia delle Entrate formulerà una proposta su Irpef (o Ires) e Irap che potrà essere accettata entro il 15 ottobre. Insomma, i contribuenti potranno decidere se pagare verosimilmente un po’ di più (anche in caso di calo dei ricavi fin al 30%) per evitare di incorrere in controlli. «Sarà possibile far emergere imponibile che consentirà di ridurre ancora le aliquote Irpef», ha aggiunto Leo. Il gettito è stimato in circa 1,8 miliardi.

Ma la novità è il secondo decreto attuativo, quello sugli accertamenti. A fronte di un «rapporto collaborativo» (non si potrà emettere l’atto di accertamento se non previo contraddittorio), partirà una stretta anti-evasione non da poco. I tempi di accertamento sono ampliati da 5 a 8 anni e verrà utilizzata l’intelligenza artificiale per analizzare le banche dati. Altra novità sul tema conti pubblici: il cdm ha dato l’ok alla vendita di quote di Poste S.p.A. pur assicurando il controllo pubblico.

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