La Giornata della Memoria ci ricorda la lotta per la libertà nelle scuole

La Giornata della Memoria ci ricorda la lotta per la libertà nelle scuole

Ci avviciniamo al 27 gennaio, la Giornata della Memoria. Come sempre, il ricordo non serve a nulla se non contribuisce ad orientare il presente, a divenire occasione di riscatto e di cambiamento. Se così non fosse, il ricordo e le giornate dedicate ad un tema particolare non avrebbero motivo di essere inserite nei nostri calendari: tutto sarebbe affidato all’onda dell’emozione, senza interpellare la nostra intelligenza e guidare la nostra volontà. Pensare alla Giornata della Memoria significa, dunque, inevitabilmente, per quella volontà di cambiamento, pensare alla scuola, in particolare alla situazione della scuola italiana oggi.

Come sappiamo, anche l’Italia ha avuto gravi responsabilità nella discriminazione della popolazione ebraica. L’infamia delle leggi razziali e tutto ciò che ne è conseguito rimane a perenne monito, quale vulnus grave per la nostra storia. Sulla base di quelle leggi gli ebrei divennero cittadini di serie B o, meglio, non furono più considerati cittadini italiani. Prima conseguenza fu l’allontanamento dalle scuole statali. La testimonianza di Liliana Segre offre, anche su questo fronte, un’analisi lucida di quelle ore tragiche della storia dell’uomo. Gli ebrei, allontanati dalle scuole statali, furono accolti in quelle scuole che all’epoca si chiamavano pareggiate, tante di esse gestite da Congregazioni.

Ecco, questo aspetto ci fa cogliere, da una parte, il dramma della vicenda degli studenti ebrei nel 1938 e, dall’altra, ci fa cogliere il dramma della scuola italiana del 2024: a motivo della mancata garanzia, nei fatti, della libertà di scelta educativa, il pluralismo educativo, presidio di libertà, è gravemente compromesso e la scuola statale si avvia ad essere la scuola unica per gli italiani; detto in altro modo, la scuola statale eserciterà, a breve, il monopolio educativo. Questo è il dramma della nostra società: essere testimoni inerti, consapevoli, corresponsabili di una iniquità che fa della scuola di Stato la scuola unica, realtà tipica dei regimi totalitari.

Pensiamo: se le scuole pareggiate dell’Italia fascista non avessero caparbiamente resistito alle pressioni del regime, gli studenti ebrei cacciati dalla scuola statale dove avrebbero potuto proseguire i loro studi? Allo stesso modo, pur nei mutati contesti, le scuole paritarie, fino ad oggi sopravvissute, caparbiamente resistono, pur di dare un’alternativa, pur di dare una possibilità di libertà ai giovani e alle loro famiglie. Va da sé che, inevitabilmente, a pagare l’iniquità sono i più fragili: poveri, disabili, abitanti nelle periferie. Mutatis mutandis, in epoca pandemica, 300mila disabili e 1 milione di studenti fragili sono stati esclusi dalla possibilità della DAD, abbandonati a se stessi da parte delle Istituzioni che avrebbero, invece, dovuto garantire loro la possibilità di imparare, come per gli altri studenti italiani. L’iniquità di un sistema, qualsiasi, è pagata a caro prezzo, soprattutto dai più fragili.

Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Uso le parole di Pio XII riferite all’imminenza dello scoppio della guerra. Occorre ora, pur nella grave compromissione del pluralismo educativo, agire per garantire ai genitori e agli studenti italiani un sistema scolastico libero, in quanto liberamente scelto dai cittadini. Ecco perché ricordare l’abisso di male dei campi di sterminio è inutile se non si lavora per la libertà della scuola, una libertà che vede lo Stato garante del diritto all’istruzione e non gestore pressoché unico del servizio e controllore di se stesso. Lavoriamo tutti per rendere libera la scuola: è il miglior modo per onorare il ricordo delle vittime, tante delle quali furono previamente vittime della scuola intesa come scuola di stato asservita alle meschine logiche di un potere violento e oppressore.

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