Malattie mentali, case e fabbriche in fiamme, barche a vela rovesciate nel mezzo di laghi ghiacciati, matrimoni tra consanguinei, crolli economici, sette segrete, morti improvvise. Nella storia familiare di Howard Phillips Lovecraft (1890 – 1937), il maggiore scrittore di letteratura horror degli Usa assieme a Poe, si possono trovare tutti gli elementi per un viaggio alle radici del terrore o per iniziare una scalata alle Montagne della follia. Il grande scrittore, molto amante degli alberi genealogici, quanto potrebbe aver attinto, consciamente o inconsciamente, alle vicende dei suoi avi?
È una cosa che si sono chiesti molti biografi e critici. Una risposta, molto attenta alle fonti, la si può trovare nel lavoro appena pubblicato da Adriano Monti Buzzetti Colella per i tipi di Società Editrice La Torre: Oscure radici (pagg. 184, euro 22,50; con una prefazione di Pietro Guarriello e una postfazione di Sebastiano Fusco). Il saggio mette in luce una serie di coincidenze inquietanti. L’incidenza delle malattie mentali nel ramo paterno della famiglia è molto alta. Winifield, il padre di Lovecraft morto in ospedale psichiatrico nel 1898, e il cugino del padre, Frederick, morto suicida nel 1893, sembra assai probabile che fossero affetti da sifilide. Avevano contratto la malattia nelle comuni e promiscue frequentazioni newyorkesi? Ma questo è soltanto un esempio degli eventi che hanno travagliato i Lovecraft e che sicuramente sono arrivati all’orecchio dello scrittore. Non bastasse: alcuni suoi famigliari erano molto attivi anche all’interno delle sette e delle logge segrete, all’epoca molto diffuse negli Usa. Molti dei loro rituali erano innocui ma indubbiamente macabri. Ma se si sommano tutti questi fatti ce n’è d’avanzo per trasmettere allo scrittore quel senso di «maledizione ancestrale» che permea i suoi libri. Come rimarca Pietro Guarriello nella prefazione: «I personaggi di Lovecraft l’orrore lo trovano andando alla ricerca delle proprie radici». Forse l’ha fatto anche l’uomo che li ha inventati e che è stato capace di trasformare gli incubi in letteratura. Ma non è detto che quegli incubi li abbia dovuti sognare da solo, forse erano «lessico famigliare».