Fuori la locandina annuncia un suo concerto per i Pomeriggi musicali. Lei è dentro, nel camerino dello storico teatro Dal Verme.
La chiamano: «Maestro».
Beatrice Venezi sorride: «A Sanremo Laura Boldrini innescò la polemica e sostenne che mancavo di autostima».
Addirittura? E perché?
«Perché non mi facevo chiamare maestra. Ma il mio titolo è maestro, in italiano non c’è il neutro, c’è un maschile, come dire, inclusivo».
Maestro, c’è sempre qualcuno che punta il dito contro di lei.
«Eppure sono una tra i pochi direttori d’orchestra donna. E sono stata la prima donna a dirigere in Armenia, in Georgia, in Azerbajan. Ho condotto oltre 200 concerti e più di 70 recite d’opera. Ma se non sei dalla parte giusta…».
E quale sarebbe la parte giusta?
«Ma che domanda è? Il mondo della musica é stato dominato, come quello della cultura in generale, dalla sinistra».
Lei è di destra.
«Esprimo dei valori che appartengono a questo mondo. O, se preferisce, non seguo il mainstream».
La bacchetta ma non solo: lei è consulente del ministro Gennaro Sangiuliano.
«Consulente tecnico, ci tengo a precisarlo: mi do da fare per la riforma, urgente, e la modernizzazione di un sistema fermo a trent’anni fa. Studio soluzioni: fra un concerto e l’altro ho scritto anche tre libri. Francamente, credo che il mio curriculum sia ineccepibile».
Insomma, fa politica?
«No, no, sono altri a dover scegliere. Io offro suggerimenti».
L’egemonia della sinistra è al tramonto. Oggi c’è l’amichettismo di destra?
«Io alla testa delle istituzioni musicali tricolori vedo sempre le stesse facce di prima. Non mi pare siano di destra».
Però l’intellighenzia di destra si è seduta su alcune poltrone pesanti.
«Per me questa distinzione fra destra e sinistra deve essere superata, non ha alcun senso. Come la contrapposizione fra uomini e donne. Mi auguro che sempre più siano in presi in considerazione solo talento e merito».
Maestro, la chiamano a dirigere perché dal del tu alla Meloni?
«Veramente ho acquistato notorietà in tempi non sospetti. Molto prima che la Meloni vincesse le elezioni e arrivasse a Palazzo Chigi. Mi pare comunque strano, se questo non le basta, che io sia invitata a dirigere in Corea, negli Usa, in Argentina, dove andrò a maggio, in Cina, in Germania, in Francia. Devo continuare?»
A proposito, a Nizza per il concerto di Capodanno l’hanno contestata.
«Si, tre o quattro spettatori, fra i mille presenti e gli oltre undicimila che mi avevano applaudito nei giorni precedenti, hanno esibito uno striscione con la scritta: Via i fascisti. Il teatro li ha fischiati».
Ma lei ha simpatie per il Ventennio?
«Ma dai. La prego, se non altro per ragioni anagrafiche: ho 33 anni. Però mi hanno identificato come un personaggio di destra, in ogni caso non allineata con la vulgata dominante, e allora ogni occasione è buona per farmi l’esame del sangue».
«Repubblica», nell’edizione di Palermo scrive che i musicisti dell’Orchestra sinfonica siciliana non hanno battuto i piedi sul pavimento, evidente segno di disistima nei suoi confronti. Un flautista, severissimo, sottolinea: «Gesti non coordinati con la partitura».
«Strano, se un direttore non funziona, gli orchestrali lo sfiduciano apertamente, senza tanti giri di parole. Non mi pare sia successo a Palermo. Comunque, tre comunicati stampa, uno delle prime parti, smentiscono la versione di una piccola minoranza di tre professori su oltre settanta elementi in organico perché non corrispondente alla realtà e nello stesso pezzo di Repubblica il primo violino Pasquale Faucitano mi fa i complimenti e mi definisce una professionista seria e preparata. Il tutto verrà valutato dai miei avvocati. Però…».
Però?
«Devo sempre dimostrare qualcosa in più. Ad altri è permesso tutto».
A chi?
«Fedez attacca la premier un giorno sì e l’altro pure, Elodie idem, Damiano dei Maneskin quando il centrodestra ha vinto ha spiegato che era un giorno triste, poi ha scandito un sonoro vaffa all’indirizzo di Putin e potrei continuare; io non posso pronunciare una sillaba senza essere esaminata. E, mi spiace dirlo, c’è una tendenza a sminuirmi, a offendermi, a personalizzare le critiche. Gli artisti di sinistra invece fanno quello che gli pare: firmano appelli, manifesti, lenzuolate contro quel ministro, quella legge, quella nomina. Guardi cosa sta accadendo al Teatro di Roma».
Le piace l’imitazione di Virginia Raffaele?
«Si, è una forma di consacrazione. La apprezzo. E mi diverte».
Le ha telefonato?
«Mi spiace deluderla, ma non ci siamo mai parlate. Io faccio la mia parte, lei la sua e va bene così».