Il governo è pronto alla soluzione estrema per Ita Airways se la Commissione Ue non darà il via libera entro breve tempo all’ingresso nel capitale di Lufthansa tramite un aumento da 325 milioni di euro che le consentirà di detenere il 41 per cento. È quanto filtra da fonti dell’esecutivo all’indomani della decisione dell’Antitrust Ue di passare alla «fase due» delle indagini, riservandosi fino al 6 giugno per decidere o no se approvare l’integrazione tra i due vettori.
La presa di posizione della commissaria Margrethe Vestager, notoriamente contro ogni iniziativa dell’Italia (basti pensare al precedente dello stop all’intervento del Fondo di tutela dei depositi nei salvataggi bancari, uno stop peraltro condannato dalla Commissione stessa), legittima il sospetto che dietro questo ulteriore rinvio si celi la longa manus di Air France-Klm, poco propensa a concedere il mercato italiano al concorrente tedesco. E il fatto che la commissaria danese sia sensibile al fascino transalpino è dimostrato dal silenzio-assenso nei confronti dell’ingresso di Air France nella scandinava Sas con il 19,9 per cento. Un’acquisizione sotto soglia di notifica, ma che comunque avrebbe potuto e dovuto insospettire Bruxelles visto che apre a Parigi il ricco mercato di Copenaghen e Stoccolma.
In ogni caso, il governo intende far presente a Vestager che uno Stato fondatore dell’Europa non può essere trattato come l’ultimo arrivato e che l’iter deve essere abbreviato di modo che entro due mesi si possa programmare il futuro di Ita Airways senza ulteriori penalizzazioni, visto che per avere l’ok europeo Lufthansa si è infatti dichiarata disponibile a rinunciare agli slot da Linate su alcune rotte europee. «Questi impegni sono risultati insufficienti, sia per portata che per efficacia, ad eliminare le riserve della Commissione», ha però replicato Palazzo Berlaymont. Sicchè, non è da escludere a questo punto che Lufthansa pur di chiudere la partita sia pronta a restringere ulteriormente il campo di Ita, riducendola a un “feeder” degli hub di Francoforte e Monaco.
Uno scenario inaccettabile per una compagnia che ha chiuso il 2023 con una perdita di 160 milioni, un terzo dei 480 milioni dell’anno precedente e che sta generando cassa, avendo più o meno conseguito il “breakeven” operativo e puntando a raggiungere il primo utile. Il gruppo guidato da Antonino Turicchi non è certo ridotto al lumicino e attendeva l’ok alla transazione anche per ricevere l’ultima tranche da 250 milioni del finanziamento del Tesoro (dei complessivi 1,35 miliardi). E tuttavia, senza una rapida conclusione del merger i rischi di andare in sofferenza sono enormi.
Se Bruxelles bloccasse tutto, il governo non avrebbe l’opportunità di iniettare nuova finanza. Si complicherebbe anche la ricerca di nuove partnership sia nel settore sia all’interno del comparto aereo (in Europa ma anche al di fuori) che all’esterno (basti ricordare l’interesse di Msc, precedentemente in cordata con i tedeschi) Ecco perché, anche se il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, è sempre disponibile alle interlocuzioni, nell’esecutivo serpeggia l’ipotesi «muoia Sansone con tutti i filistei». Roma, infatti, ha sempre assolto alle richieste europee, accettando anche la lunga anticamera che ha portato alla notifica dell’operazione solo il 30 novembre scorso. Lasciare a casa i 5mila dipendenti di Ita in caso di fallimento nuocerebbe al consenso dell’esecutivo, ma minacciare l’extrema ratio è anche un modo per mettere a nudo le disfunzioni di Bruxelles.