Perquisizioni a casa e negli studi delle due psicologhe che somministrarono i test in carcere e da cui emerse un deficit cognitivo di Alessia Pifferi, la donna accusata di omicidio pluriaggravato per avere abbandonato per cinque giorni la figlioletta Diana, di 18 mesi, poi morta di stenti, nel luglio 2022. Le accuse per cui sono indagate sono falso in atto pubblico e favoreggiamento. Indagata anche Alessia Pontenani, avvocato della 37enne. La perquisizione era finalizzata anche ad acquisire documenti, anche di natura informatica, nonché cartelle cliniche originali, anche relativi alla gestione da parte delle psicologhe indagate di altre quattro detenute a San Vittore: tra queste Lucia Finetti, accusata dell’omicidio del marito nel giugno 2021 a Milano e Patrizia Coluzzi, accusata dell’omicidio della figlioletta di due anni nel 2021, nel milanese.
Si legge nel decreto di perquisizione che due psicologhe, 43 e 59 anni, sono accusate in concorso con l’avvocato Pontenani, di falso in atti pubblici fidefacenti per avere “attestato falsamente, in apposita relazione, che Pifferi aveva un quoziente intellettivo pari a 40” e quindi “un deficit grave, al limite inferiore di questo livello (pertanto tra grave e gravissimo)”, attestando in questo modo di “contrariamente al vero e anche solo implicitamente, di avere accertato le condizioni e i presupposti clinici per formulare la relativa diagnosi”, laddove il test psicodiagnostico di Wais “non era fruibile né utilizzabile ai fini diagnostici e valutativi”. Le due psicologhe avrebbero inoltre discusso insieme alla legale del “procedimento penale” a carico di Pifferi in un modo “qualificabile come vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante nelle competenze delle due psicologhe” e volto “esclusivamente a creare, mediante false attestazioni circa lo stato mentale della detenuta” una “base documentale che le permettesse di richiedere e ottenere in giudizio (…) la tanto agognata perizia psichiatrica sulla di lei imputabilità”.
É in corso in queste settimane la perizia psichiatrica disposta per l’imputata dalla la corte d’Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini. La perizia dovrebbe essere depositata entro la fine di febbraio. Solo la psicologa 59enne è accusata di avere effettuato, il 2 gennaio, un colloquio di monitoraggio con la detenuta laddove si era trattato, secondo l’accusa, di “un vero e proprio ‘interrogatorio’ finalizzato ad acquisire informazioni sui test psicodiagnostici somministrati nella perizia”. La professionista e Pifferi si avrebbero fatto una “chiacchierata tra amiche’, conclusasi con uno scambio di baci e condita da risate e temi anche attinenti alle contestazioni sollevate dal pm” De Tommasi in udienza, con anche “il suggerimento” alla Pifferi “della tesi da sostenere a difesa” delle due professioniste, indagate.
Le due professioniste sono inoltre accusate di avere annotato di avere effettuato un colloquio di monitoraggio il 18 dicembre 2023, “senza minimamente riportare il contenuto della conversazione e limitandosi ad aggiungere la stringatissima espressione ‘tutto bene’, laddove invero si era trattato di un dialogo avente a oggetto esclusivamente la vicenda processuale della Pifferi e la perizia in corso sulla stessa, senza che fosse stata posta in essere alcuna prestazione anche solo lontanamente qualificabile come attività di assistenza psicologica”. L’avvocato Mirko Mazzali, che difende una delle due psicologhe, “trattasi di provvedimento finalizzato alla ricerca di documenti in possesso dell’istituto penitenziario e quindi facilmente rintracciabili, che pone sotto sequestro cellulari e computer per cercare fantomatici rapporti con una detenuta, nonché documentazione concernente altre detenute non oggetto dei capi di imputazione”. E ancora, secondo il legale, “sorge il fondato sospetto che tale perquisizione nasconda finalità estranee alla condotta commessa dalla mia assistita e voglia indagare sulla sua attività lavorativa complessiva, accusandola più per il merito dei pareri espressi che per il metodo conil quale si è pervenuti a tali pareri”.
La scorsa udienza c’era stata una dura schermaglia in aula tra il pm titolare dell’indagine sull’omicidio della bimba, Francesco De Tommasi, e la difesa della donna, con l’avvocata Alessia Pontenani. In particolare oggetto dello scontro sono stati i colloqui in carcere avuti dalla donna dalle due psicologhe, che avevano redatto i test da cui sarebbe emerso il ritardo della 37enne. Sottolineava la procura che fosse necessario togliere queste valutazioni dall’insieme dei documenti che devono essere analizzati dal perito Elvezio Pirfo, a cui è stato affidato l’incarico di redigere la relazione sulla donna. Per la procura la donna punterebbe a modificare l’accusa da omicidio pluriaggravato – in cui rischia l’ergastolo – a morte a seguito di abbandono di minore.
“Alessia Pifferi è stata influenzata nel fornire una versione differente rispetto a quella che spontaneamente ha dato all’inizio”, erano state le parole del pm Francesco De Tommasi. “Sono accertamenti privi di dignità scientifica. Non si è trattato – aveva detto il pm – di un percorso di assistenza per la detenuta, ma di un percorso di revisione dei fatti come se fossero consulenti privati della difesa”.