Caro Giuseppe,
ti ringrazio per averci regalato questi spunti di riflessione religiosi riguardo una tematica così delicata e anche rilevante, che è tornata in questi giorni alla ribalta delle cronache grazie all’impegno del mio amico Marco Cappato, il quale da diversi anni si batte affinché il Parlamento, o anche i Consigli regionali, ossia gli organi istituzionali sia centrali sia periferici che esercitano il potere legislativo, legiferino in materia, adeguandosi a quanto sentenziato dalla Corta costituzionale, la quale ha giudicato legittimo, in certi casi, il suicidio assistito. Di fatto, in Italia è già stato riconosciuto quindi il diritto a essere aiutati a morire ricorrendo determinate condizioni. E questo è un punto da non trascurare, direi essenziale. Cosa chiede quindi Cappato insieme a decine e decine di migliaia di cittadini italiani che le istituzioni non possono ignorare? Chiede soltanto che vengano fissati tempi e modalità certi allo scopo di permettere a coloro che soffrono in maniera insopportabile e non hanno alcuna speranza di salvezza di potere andarsene senza permanere in un limbo, senza patire, oltre ai dolori della malattia, anche le lentezze e le lungaggini burocratiche.
Tutto questo non solamente è ingiusto ma è altresì privo di senso. Se di fatto il malato grave può legittimamente congedarsi da questo mondo e se di fatto questo avviene avendo prima tollerato gli ostacoli burocratici, per quale motivo non interveniamo per rendere tale iter più leggero? Non possiamo né dobbiamo essere indifferenti. Quel malato potremmo essere noi un domani o un nostro congiunto, quantunque siamo abituati a credere che queste cose a noi non potrebbero mai accadere.
C’è un equivoco di fondo che adesso deve essere chiarito. Siamo portati a ritenere che il suicidio medicalmente assistito faccia parte di una sorta di cultura della morte, tesa insomma a svilire e disprezzare la vita. Invece no. Proprio come tu fai notare nella tua lettera mediante questi bellissimi passi tratti dalla sacre scritture, l’eutanasia è difesa ed esaltazione della Vita, non si pone in contrasto a questa.
Personalmente la sostengo da sempre perché sono un libertario. La libertà è il mio primo valore e sono persuaso che la politica debba salvaguardare e promuovere le libertà, inclusa quella di morire quando il vivere è un calvario e un’agonia, fonte quotidiana e permanente di un patimento soffocante che toglie dignità all’essere umano.
Ci accingiamo verosimilmente a discutere nell’aula del Consiglio regionale la proposta presentata da Cappato e firmata da oltre 8 mila lombardi. Mi auguro che i miei colleghi consiglieri superino pregiudizi ideologici e sostengano una legge che ci consentirebbe di adeguarci a livello normativo a quanto già affermato dal più importante organo di garanzia costituzionale del nostro ordinamento. La Lombardia, regione progredita ed evoluta, faccia da apripista in materia.