Avrebbe dovuto prendersi cura per qualche tempo di una ragazza all’epoca minorenne, la quale gli era stata momentaneamente affidata dalla famiglia di lei prima di un viaggio all’estero per ragioni familiari. In un’occasione, l’avrebbe invece violentata, dopo averla convinta a salire in auto con lui. Protagonista della vicenda in questione è un uomo di 26 anni di origine straniera, per il quale la procura di Firenze ha chiesto nelle scorse ore il rinvio a giudizio. Stando a quanto riporta oggi il quotidiano Il Tirreno, i fatti risalgono al 2018 e sarebbero avvenuti nel capoluogo della Toscana. La vittima aveva allora solo 16 anni: la madre e la sorella maggiore si trovarono all’improvviso a dover tornare nel loro Paese d’origine per motivi familiari. E trattandosi a quanto pare di un viaggio di breve durata, pensarono quindi di lasciare la giovanissima con l’attuale accusato, che conoscevano già in quanto fidanzato della sorella.
Anche per questo la minore si sarebbe fidata di quello che era di fatto un familiare “acquisito”, per lei. Ma l’uomo avrebbe presto approfittato di questo rapporto fiduciario: una sera, dopo aver cenato insieme, l’avrebbe fatta salire sulla sua automobile. Solo che, invece di riportala a casa come avevano deciso, l’avrebbe invece condotta in una zona isolata. Una volta raggiunto un posto al riparo da occhi indiscreti, quando era ormai piena notte, lo straniero avrebbe abusato della ragazzina all’interno dell’abitacolo. L’adolescente, atterrita dalla situazione e colta di sorpresa, non avrebbe opposto alcuna resistenza al suo aguzzino per paura di ritorsioni. Lui l’avrebbe fatta sdraiare sui sedili posteriori e lei, incapace di reazioni, terrorizzata da quello che le sarebbe potuto accadere se si fosse rifiutata, l’avrebbe lasciato fare. Una versione confermata anche dal successivo referto medico dell’ospedale pediatrico Meyer, da cui non emergono segni di violenza.
Proprio quest’ultimo punto ha rischiato in un primo momento di portare il procedimento verso l’archiviazione: secondo il pubblico ministero, non vi erano elementi che facessero ritenere che la ragazzina non fosse consenziente. Il giudice per le indagini preliminari ha tuttavia disposto l’imputazione coatta accogliendo la tesi dei legali di parte civile, secondo la quale la vittima non avrebbe opposto resistenza al rapporto perché paralizzata dalla paura. Questo perché il consenso della giovane “non può essere dedotto dal fatto che la vittima non abbia opposto un’efficace resistenza all’aggressore”. In questa ottica, l’assenza di lesioni da parte della vittima è da intendersi come il segnale di “un comportamento remissivo, anche successivo all’abuso, dovuto allo stato di paura”.