«Meglio le vostre condanne delle vostre condoglianze». Non è la posizione ufficiale dei vertici della Comunità. Eppure, in un certo senso è molto di più: è ciò che pensa un gruppo di giovani ebrei romani di questa fiera dell’ipocrisia, fatta di grandi commemorazioni degli ebrei morti – vittime della Shoah e dell’antisemitismo di ieri – e di indifferenza per quelli vivi. Un’ipocrisia montante soprattutto a sinistra, a giudicare dai destinatari del messaggio – eloquente come pochi – comparso su due striscioni affissi su una facciata nel quartiere ebraico della Capitale. In uno la frase di Golda Meir, nell’altro coloro cui è rivolta: Anpi, Cgil, Cobas, Emergency, e altri.
Di «tradimento delle sinistre» aveva parlato pochi anni fa, nel suo testamento spirituale, il rabbino capo di Milano, Giuseppe Laras. Parole che suonano profetiche. Il peso di questo tradimento, di questa contraddizione, oggi è gigantesco, e tenderà a scaricarsi in tutta la sua evidenza nell’ormai imminente 27 gennaio. Sarà una Giornata particolare, questo lo sanno tutti, da tempo, dentro le comunità italiane. La partecipazione alle celebrazioni è stata (ed è) oggetto di una profonda discussione. La Memoria della Shoah resta, per sempre, e nessuno ha intenzione di toccarla o «sporcarla» con le polemiche, però una nuova ferita si è aperta il 7 ottobre, e non può essere ignorata. O meglio, non dovrebbe.
Nel mondo ebraico è cresciuto invece questo sentimento: una fortissima delusione per la freddezza con cui una parte del mondo occidentale guarda o meglio, non guarda – alle nuove vittime incolpevoli dell’antisemitismo: i civili uccisi, le donne torturate e stuprate dai terroristi islamisti, gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Molti ora accusano la sinistra di aver tradito gli ebrei, a maggior ragione dopo che la leader del Pd, il principale partito della sinistra, Elly Schlein, ha chiesto di fermare il sostegno militare a Israele, il giorno prima dell’assalto allo stand israeliano alla Fiera di Vicenza.
Gli ebrei italiani – e in questo non sono soli – temono che il 27 gennaio diventi una ricorrenza rituale, vuoto, che si limiti a uno sguardo commosso rivolto al passato. «Mai più è adesso», dice qualcuno. A Milano, una ex deportata ha fatto sapere che intende celebrare solo privatamente la Giornata: «Per me – dice – tutti i giorni sono della memoria, ma stavolta voglio celebrare le vittime della Shoah, che è una cosa unica, e anche del 7 ottobre, e lo farà da sola, senza discorsi o cerimonie ufficiali. Nessuno si è preoccupato di noi, o le risposte sono state rare – spiega – Siamo soli anche stavolta».
Questo il clima in cui è maturato il «gesto di pancia» – come lo chiama Shalom, il portale della comunità di Roma – di quel gruppo di ragazzi, che ha preso spunto dalla celebre frase di quella che a cavallo fra gli anni 60 e 70 è stata primo ministro di Israele, Golda Meir. Una laburista, a riprova del fatto che la minaccia contro lo Stato ebraico è di antica data, e non dipende dal colore politico del governo di turno.
«Preferiamo le vostre condanne alle vostre condoglianze». Quei giovani ebrei di Roma «hanno lanciato i loro sdegno – dice Shalom – il loro grido di condanna». «In Italia e altrove – ha spiegato uno dei promotori dell’iniziativa – sono molti gli esponenti di alcune associazioni sempre in prima fila il 27 gennaio per piangere e ricordare gli ebrei sterminati durante la Shoah. Da un buon numero di questi abbiamo avuto, dopo il pogrom di Hamas, solo silenzio o parole di condanna a Israele. Ma il 7 ottobre è stato perpetrato al popolo ebraico il massacro più efferato dai tempi della Shoah, eppure c’è chi ha preferito tacere o condannare Israele perché per esistere deve difendersi dagli assassini».
Certamente non tace il governo, che ieri in una conferenza stampa ha presentato le iniziative previste e patrocinate dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Per il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, la Giornata va celebrata «non sottovoce, quasi fosse qualcosa di pericoloso o da ridimensionare per evitare problemi». Questa situazione – ha sottolineato anzi «raccomanda come e più che negli anni passati di tenere vivo il ricordo della Shoah».