«Sì, è possibile che la situazione del cuore precipiti in poche ore». Risponde così Stefano Carugo alla domanda che tutta Italia si sta facendo: ma se Gigi Riva avesse accettato di farsi operare subito, sarebbe sopravvissuto?
Carugo, direttore del reparto di cardiologia al Policlinico di Milano e professore di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università degli studi, non entra nel dettaglio della cartella clinica del campione ma spiega che «se un vaso è occluso, a volte l’attesa, anche di poche ore, può essere fatale. Capita anche che un vaso in condizioni critiche ma non criticissime si occluda improvvisamente».
Dopo la coronografia delle 10,30 all’ospedale Brotzu di Cagliari, i medici si sono resi conto della necessità di un intervento. Ma Riva non ha dato il consenso: «Vorrei prima parlarne con la mia famiglia». E in fondo sembrava sesse un po’ meglio. I medici si erano ripromessi di tornare alla carica per convincerlo a operarsi la mattina successiva. Ma proprio mentre il campione si stava preparando per la cena, è arrivato un nuovo attacco di cuore. Fatale, nonostante il massaggio cardiaco e la manovra estrema per salvarlo.
«Gigi Riva è da prendere da esempio come giocatore, come sportivo, ma non come paziente – si raccomanda Carugo – Se un medico dice che è necessaria un’operazione è bene dargli retta e non aspettare. Anche una manciata di ore possono fare la differenza». Per di più, tutti i benefici che Riva ha portato al suo corpo con lo sport, sono stati annullati dal fumo. «Era un fumatore incallito e questo non ha di sicuro protetto le sue coronarie, anzi. Il fumo è uno dei fattori principali delle occlusioni».