Bnl incassa un’altra sconfitta in tribunale dopo le cessioni dei rami d’azienda avvenute nel 2022. Il Tribunale di Roma, infatti, ha dato ragione ai circa 80 lavoratori che si erano opposti al trasferimento a una società del gruppo Accenture, nello specifio Ast, e ora dovranno essere reintegrati in azienda. Bnl e Ast sono anche condannate al pagamento delle spese per 8mila euro più Iva. Esultano i sindacati Fabi, First Cisl, Fisac Cgil e Uilca che avevano sostenuto che le esternalizzazioni di Bnl non avessero un supporto giuridicamente sostenibile.
Bnl Paribas, guidata in Italia da Elena Goitini, dopo aver appreso della sentenza ha fatto sapere che «provvederà, con effetto immediato, a ripristinare il rapporto di lavoro con i colleghi interessati dalla sentenza» e avvierà «un percorso di informazione e confronto» con i sindacati. Tuttavia, ha precisato di rimanere «convinta delle scelte a suo tempo effettuate e del valore industriale e strategico della partnership con Accenture e si riserva ogni azione a sostegno della propria posizione».
La sentenza di ieri riguarda una parte di quella che è stata una maxi esternalizzazione che aveva riguardato 800 dipendenti in attività che andavano dal back office bancario, al settore informatico. A luglio il Tribunale del Lavoro di Roma aveva cancellato la cessione del ramo d’azienda dell’information technology all’azienda di consulenza Capgemini, nell’aprile del 2022. Il giudice aveva quindi sancito che la banca dovesse reintegrare i circa 250 lavoratori trasferiti.
Tornando però a ieri, la sentenza riguardava la prima tranche di appelli del trasferimento che abbracciava 509 dipendenti del back office ad Ast, avvenuta nel giugno del 2022, di cui 360 hanno fatto ricorso.
A giudizio del giudice di Roma il trasferimento è da ritenersi illegittimo perché il ramo d’azienda non aveva «autonomia funzionale di beni e strutture già esistenti». Pertanto l’operazione avrebbe dovuto avvenire in base all’articolo 1406 del Codice Civile che regola la cessione del contratto: in sostanza i lavoratori avrebbero dovuto dare un consenso alla cessione.