Tesla, il mago idealista che ha acceso il mondo

Tesla, il mago idealista che ha acceso il mondo

«Cos’è l’elettricità? Sono passati ottant’anni e ancora mi faccio la stessa domanda, incapace di dare una risposta». Questo scrive «il più grande elettricista d’America», Nikola Tesla, dopo avere illuminato il mondo grazie alle sue invenzioni. Nasce il 9 luglio, o forse il 10 (non vi è certezza nemmeno sul giorno della sua morte) del 1856 a Smiljan, una cittadina che all’epoca è serba e oggi è in Croazia, in una notte di tempesta: piena di fulmini, tramanda la leggenda. E i lampi lo tormentano a lungo, in forma di visioni che gli si parano davanti agli occhi; sino a che il giovane Niko, come è chiamato in famiglia, non riesce a trasformare questa debolezza in forza, come racconta nella sua autobiografia (La mia vita, Garzanti): «Continuai così fino a quando, a diciassette anni, mi volsi con maggior serietà alle invenzioni. Fu allora che scoprii, con grande soddisfazione, che ero in grado di visualizzare gli oggetti con estrema facilità. Non avevo bisogno di modellini, disegni o esperimenti. Mi bastava immaginarli». Tesla lavora direttamente nella sua testa: «Non v’è alcuna differenza, per me, tra far funzionare una turbina a mente o nel mio laboratorio – mi accorgo persino se non è ben bilanciata».

Le turbine sono una delle sue passioni: turbine, bobine, magneti, pompe, automi, lampadine, onde, dinamo, scintille, motori, trasformatori… È a colpi di visioni, invenzioni, macchinari costruiti e riparati, in mezzo a una serie di disturbi e malattie, che convince il padre, un austero reverendo discendente da una stirpe di militari, a non fargli perseguire la carriera ecclesiastica e a consentirgli di iscriversi a ingegneria. Al Politecnico di Graz, Tesla non si laurea ma ha una rivelazione. Osserva «una dinamo Gramme» e concepisce quello che diventa il suo chiodo fisso per anni: un motore a corrente alternata. Dovrà andare in America perché la sua invenzione prenda corpo e cambi la storia del secolo. È il suo obiettivo, perché a Tesla i soldi non interessano: quello che davvero gli sta a cuore è che l’energia possa essere disponibile per tutti e ovunque, che tramite l’energia si possa collegare il mondo e che le persone possano vivere nella pace e nel benessere. È convinto che la scienza possa salvare l’umanità.

Tesla sbarca a New York nel 1884 anche se, come racconta Robert Lomas in L’uomo che ha inventato il XX secolo (Piano B), ha rischiato di perdere la nave. Derubato di portafoglio e biglietto, si reca all’imbarco con l’unica cosa rimastagli, a parte gli abiti che indossa (sempre elegantissimi): la lettera che Charles Batchellor ha scritto per raccomandarlo a Thomas Edison. E, beh, il numero del biglietto, che ricorda a memoria perché gli è apparso, come una visione, davanti agli occhi… Il destino vuole che Tesla arrivi Oltreoceano e incontri Edison: «Fu un evento memorabile della mia vita – racconta Tesla – Ero stupito al cospetto di quest’uomo che, senza alcuna educazione formale, era riuscito a raggiungere così importanti traguardi. Io parlavo dieci lingue, avevo studiato la letteratura e l’arte, speso i miei anni migliori nelle biblioteche, leggendo qualsiasi cosa mi passasse sottomano, dai Principia di Newton ai romanzi di Paul de Kock, e mi sentivo come se la maggior parte della mia vita fosse andata sprecata». Ovviamente è tutt’altro che così: Edison è subito impressionato dalle sue capacità nel risolvere i problemi dei macchinari e dalla sua resistenza fisica (lavora tutto il giorno e ogni notte fino alle 5). Ma i due litigano, Tesla si sente tradito, ricomincia la ricerca di fondi – una costante della sua esistenza – e incontra George Westinghouse: inizia la famosa «guerra delle correnti», che è Tesla a vincere, anche se è Westinghouse a guadagnarci davvero… Ed ecco che il genio giunto dalla Vecchia Europa, quest’uomo colto, raffinato, solitario, buongustaio, pieno di manie, disinteressato al denaro quanto affamato di gloria, muta il corso della storia: «Tesla introdusse due innovazioni dirompenti che cambiarono l’economia americana tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo» scrive W. Bernard Carlson nella sua monumentale biografia scientifica Tesla (Hoepli). Il suo motore a corrente alternata, introdotto verso la fine del 1880, sostituisce la corrente continua nel «fornire non solo il servizio di illuminazione, ma anche l’energia per l’industria e per i consumatori». E, grazie a una serie di innovazioni come l’idea della «potenza polifase», come spiega Carlson «le versioni moderne dei motori a corrente alternata di Tesla possono essere utilizzate per il funzionamento di elettrodomestici, l’alimentazione di macchinari industriali e persino per gli hard disk dei computer portatili». È tutto? No. L’altra invenzione dirompente è «la potenza senza fili»: anche se poi l’invenzione della radio spetta a Marconi, Tesla svolge un ruolo fondamentale nella realizzazione di dispositivi, come la sua celebre bobina, nella sintonizzazione, nella messa a terra di trasmettitori e ricevitori: «Anche le radio, i televisori e i telefoni cellulari di oggi usano variazioni sulle idee di Tesla per i circuiti di sintonizzazione» spiega Carlson. Non solo. Tesla concepisce un «Sistema mondiale» basato sulla «istantanea e puntuale trasmissione senza fili di ogni tipo di segnale, messaggio o carattere in qualsiasi parte del mondo» che consente una «interconnessione» globale e che, beh, anticipa di circa un secolo la nostra realtà wireless…

Oggi tutti conosciamo il nome dell’inventore serbo, non solo perché nel 1956 l’unità di misura della densità di flusso dei campi magnetici è stata chiamata «tesla». Elon Musk si è ispirato a lui, con il suo singolare connubio di spiritualità, messianismo, immaginazione e genio nel dare il nome alla sua auto elettrica. Tesla ha progettato automi che svolgessero i lavori al nostro posto premendo un pulsante, tentato di spedire messaggi su Marte, realizzato e testato una futuristica barca radiocomandata e concepito dei «raggi mortali» che lo hanno fatto finire sotto la lente dell’Fbi. Ed è diventato un mito della controcultura scientifica, perché quella «ufficiale» lo ha lasciato da parte. Il 7 gennaio del 1943 trovano il suo corpo in un albergo di New York e non sanno da quanti giorni sia morto. È solo, pieno di debiti, dimenticato. I tempi in cui l’America lo celebrava sono lontanissimi. Ma oggi le idee del «più grande elettricista d’America» splendono più che mai. Con la forza di un pensiero anticonformista, mai stanco di inseguire i segreti dei fulmini.

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